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MAGGIORANZE VARIABILI: IL REGNO UNITO RISCHIA L’INGOVERNABILITA’

Perde le sicurezze la Gran Bretagna: dopo anni di stabilità politica, il Regno Unito arriva alle elezioni del 7 maggio con poche certezze e previsioni di ingovernabilità: nella migliore delle ipotesi uscirà dalle urne una coalizione fragile e divisa, o addirittura un governo di minoranza. Secondo uno studio condotto da Nat Silver, i conservatori saranno il primo partito, ottenendo la maggioranza relativa ma non quella assoluta – che non potranno ottenere nemmeno alleandosi con altri partiti di centro o di destra – con 10-15 seggi più dei laburisti.

Viceversa il Labour, pur piazzandosi come secondo partito nazionale, dovrebbe essere in grado di superare la soglia della maggioranza assoluta, alleandosi con i centristi lib-dem, forse con i verdi e con il partito del Galles, e grazie all’appoggio esterno del partito indipendentista scozzese. In questo caso, tuttavia, i laburisti verrebbero accusati di essersi messi sotto scacco dalla Scozia su questioni come budget e armi nucleari.

Il quadro  che viene fuori lascia solo una certezza: l’instabilità. A nulla sembra sia servita la ripresa economica tra le più forti d’Europa, la bassa disoccupazione e i livelli record in borsa. Con queste premesse il governo di Cameron dovrebbe vincere a mani basse, ma non è così per due motivi: la ripresa ha premiato soprattutto i privilegiati, e molti posti di lavoro creati sono al minimo salariale, per cui la classe media e operaia non sono tornate agli standard di vita di prima della grande recessione. Per il Paese si avverte quindi un forte senso di ingiustizia sociale, acuita dai tagli alla spesa pubblica per ridurre il deficit, che hanno colpito in particolare la Nhs, il sistema di sanità pubblico nazionale.

L’altro fattore è la personalità del premier: educato a Eton e Oxford, proveniente da una famiglia dell’alta società, Cameron appare a molti come il simbolo del privilegio. Ed è stato anche accusato, dai suoi stessi sostenitori come il magnate dell’editoria Rupert Murdoch, di non avere dimostrato sufficiente passione, energia e carisma in campagna elettorale.

La vera star della campagna elettorale è stata Nicola Sturgeon, 44enne leader del partito scozzese, a cui viene pronosticato un risultato senza precedenti: potrebbe prendere 50 seggi sui 59 in gioco in Scozia e il merito in buona parte è stato anche suo, ha stravinto i dibattiti televisivi, ha portato una boccata di sincerità, novità e idee “davvero di sinistra” come non manca mai di ripetere.

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