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La crisi è donna

liliana ocminUna nuova doccia fredda per le donne è arrivata in questi giorni dall’Istat che con l’ultima nota sulla forza lavoro ha registrato un ulteriore calo dell’occupazione con un meno 44 mila posti di lavoro persi a febbraio 2015 di cui 42 mila solo donne, a cui si aggiunge la situazione già difficile della componente giovanile che nella fascia 15-24 anni segna un nuovo record con 42,6% di disoccupati rispetto al 41,2% di gennaio. Anche il dato generale non è confortante, il tasso di disoccupazione, salito al 12,7%, preoccupa fortemente in quanto è il sintomo di una situazione che, aldilà dei facili entusiasmi dovuti a deboli segnali di ripresa, rimane stagnante e difficile.

Purtroppo, come da tempo noi sosteniamo, mancano interventi strutturali ad ampio raggio per stimolare correttamente ripresa e sviluppo. In questo contesto sono le donne e i giovani, dunque, a pagare il prezzo più alto della crisi restando ai margini del mercato del lavoro e con scarse possibilità di ingresso o permanenza nello stesso, alimentando così una disuguaglianza nell’accesso al lavoro tra donne e uomini e quel divario di genere che da sempre costituisce la sfida cardine per affermare nel nostro Paese il principio delle pari opportunità.

Non possiamo accettare che il tasso di disoccupazione per le donne continui ad aumentare (14,1% contro 11,7% degli uomini), dobbiamo adoperarci per promuovere lavori di qualità e politiche adeguate di welfare che sostengano la vita della donna sempre più divisa tra casa, lavoro e affetti e spesso costretta a scegliere suo malgrado tra una di queste opzioni. Un quadro, questo, che rischia di minare profondamente i progressi compiuti fino ad oggi in tema di parità ed empowerment femminile, dando così ragione a quanto contenuto nella Dichiarazione finale della 59.ma sessione della Commissione sulla condizione delle donne nel mondo che si è conclusa da poco a New York, secondo cui a 20 anni dall’approvazione della Piattaforma d’azione di Pechino, a fronte di un progresso lento e diseguale, nessun Paese ha realmente realizzato le pari opportunità, con donne e ragazze che ancora sperimentano sulla propria pelle molteplici forme di discriminazione, vulnerabilità e marginalizzazione durante l’intero ciclo della loro vita. In questo senso, facciamo nostro il richiamo forte che viene dalla stessa Dichiarazione, che è poi un invito ai Governi a implementare le leggi, le strategie e i programmi di consolidamento delle norme antidiscriminatorie esistenti, dei meccanismi istituzionali di sostegno alla parità contro gli stereotipi di genere e una promozione più capillare delle politiche sociali e attive del lavoro di supporto alle donne.

Senza dimenticare il tema, purtroppo sempre attuale, della violenza sulle donne e i minori che insieme all’empowerment e al mainstreaming costituiscono i pilastri di una società democratica e partecipata, capace di riconoscere il ruolo e il contributo positivo che viene dalle donne, come testimoniato anche da recenti stime Ocse che calcolano, da qui al 2030, in +12%, la crescita del Pil nei paesi aderenti a seguito di un coinvolgimento paritario di uomini e donne. Come Cisl, non ci stancheremo mai di sostenere che investire in pari opportunità non significa elevare i costi ma generare ricchezza e sviluppo per il Paese che proprio nella risorsa donna può ritrovare quel punto di appoggio per risollevarsi e tornare a crescere. E’ pensando, dunque, al lavoro, alla famiglia e allo sviluppo dell’Italia che prosegue la Campagna e raccolta firme Cisl a sostegno della nostra Proposta di Legge popolare per un fisco più equo e giusto#firmalacrescita.

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