Quando la diffidenza lascia il posto all’accoglienza si riescono a realizzare grandi cose. Chi pensa agli immigrati solo come a un problema non vuol capire che in realtà basta poco per compiere passi significativi per il bene di tutti e per un’autentica integrazione. Ne è la riprova quanto avvenuto in un piccolo paese dell’entroterra marchigiano. Luogo dal quale racconteremo la storia a lieto fine di due neonate, Divine e Princess, che sono state battezzate proprio la notte di Natale.
Quanti hanno assistito alla liturgia, nell’affollata chiesa di un minuscolo paesino della provincia di Ancona, hanno unanimamente testimoniato che non ci poteva essere occasione migliore per riaprire l’edificio sacro dopo la chiusura temporanea legata agli eventi sismici del 30 ottobre scorso. È stata una festa nella festa, proprio nella Santa Notte dove si contempla la nascita del Bambino Gesù. I fedeli hanno pregato, applaudito e si sono commossi dinanzi a queste piccole creature che hanno ricevuto il sacramento su cui si fonda la fede cristiana.
Divine e Princess. Due nomi significativi che permettono di comprendere come la vita sia un dono tanto prezioso quanto sofferto. Le loro mamme – provenienti dalla Nigeria – sono due profughe accolte da una onlus, l’Associazione Pace In Terra, all’interno di un progetto a favore di migranti richiedenti protezione internazionale. Due donne coraggiose, accomunate da un destino di sofferenza e costrette a fuggire dal loro Paese, tra innumerevoli difficoltà per sopravvivere e anche per portare avanti la gravidanza. Tutte e due, una volta partite dalla Nigeria, hanno affrontato i terribili stenti del viaggio. Una di loro, giunta in Algeria, ha rischiato di morire in un incendio, l’altra ha subito gli orribili maltrattamenti da chi voleva che si prostituisse sebbene fosse in stato interessante. E poi la penultima tappa prima di giungere in Italia: la giungla della Libia. Lì dove la situazione è talmente pericolosa che il confine tra la vita e la morte è estremamente labile… Infine, la traversata col barcone fino a Siracusa durante la quale l’esistenza di tutti e quattro è stata messa a dura prova. Ma, alla fine, paure e incertezze sono state sconfitte: le bimbe sono nate sane e con un’incredibile voglia di vivere.
Monsignor Stefano Russo, vescovo della diocesi di Fabriano-Matelica dove risiedono le madri con le bambine, ha spiegato che questi due battesimi sono indicativi dello “sforzo che si sta compiendo per vivere una Chiesa in uscita in corrispondenza al cammino di misericordia che siamo chiamati a fare”. “Sono dei segni importanti – ha aggiunto – perché manifestano l’intenzione, da parte della comunità, di accogliere. Un accogliere che non è soltanto un ospitare, ma approfondire un rapporto che prevede l’entrata di queste persone all’interno della comunità cristiana locale. Uno sforzo di integrazione che, in questo caso, diventa ancora più significativo perché sono dei cristiani battezzati”. Il presule ha poi rivolto un appello affinché i credenti in Cristo possano “mettersi in un atteggiamento di accoglienza dei doni che vengono dal Signore in modo da rendere ancora più forte la prossimità nei confronti di ogni uomo e la partecipazione all’unica famiglia di Dio”.
Anche il sindaco di Sassoferrato, l’ingegnere Ugo Pesciarelli, ha espresso a In Terris il suo punto di vista sulla situazione degli immigrati e in particolare sul battesimo di Divine e Princess che sono accolte a Coldellanoce, un piccolo borgo appartenente al territorio da lui amministrato. “Il battesimo – ha affermato – è un segno importante e, allo stesso tempo, un momento di integrazione, di inserimento dentro la comunità che in questo momento le ospita, con tutte le difficoltà, i limiti e le carenze”. Il primo cittadino ha sottolineato che l’arrivo dei profughi inizialmente è stato visto con “grande diffidenza e anche un po’ di paura anche a causa dei messaggi non positivi e non corretti che girano su tanti media”. Ma poi la comunità, “al di là delle critiche e delle difficoltà, ha mostrato di essere disponibile e generosa, mostrando lo spirito di accoglienza che le è proprio”.
Divine e Princess sono approdate a un porto sicuro, a differenza dei tanti bambini che non ce l’hanno fatta. Come Aylan Kurdi, l’infante di 3 anni che giaceva morto tra la schiuma delle onde sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia. O come Mohammed Shohayet, di appena 16 mesi, ritrovato senza a vita, dopo la fuga della sua famiglia dalla violenza dei militari birmani. Storie e immagini strazianti che hanno fatto il giro del mondo e sono state documentate, mentre molte altre sono passate sotto silenzio. In tutto il globo, secondo l’Unicef, sono circa 50 milioni i minori in fuga; tra questi, 28 milioni sono costretti a fuggire dalle proprie abitazioni a causa di conflitti. Nel territorio italiano, invece, sono oltre 6mila i bambini migranti di cui non si ha più traccia e che quindi sono esposti a ogni tipo di violenza e ad essere ridotti in condizione di schiavitù.
L’Alto commissariato Onu per i rifugiati ha dichiarato che i migranti morti nel Mediterraneo, fino allo scorso 2 dicembre, sono stati 3.470 contro i 2.771 di tutto il 2015. Un triste record. È triplicato, inoltre, il rapporto tra vittime e sbarchi: da uno ogni 269 è passato a uno ogni 88. Secondo l’agenzia europea Frontex il numero totale di immigrati che hanno raggiunto il nostro continente attraverso i due principali itinerari marini è complessivamente diminuito di circa due terzi nell’anno appena concluso rispetto al 2015, ma il crollo riguarda soprattutto la Grecia, grazie all’accordo siglato tra la Turchia e l’Ue, mentre per l’Italia, e in misura minore per Malta, si è registrato un incremento di circa il 20%. Attraverso la rotta centro mediterranea risulta che siano arrivate 181mila persone, la quota più alta mai registrata.
Nel giorno in cui la Chiesa celebra il Battesimo di Gesù può risultare edificante rileggere le parole pronunciate da Papa Francesco alla Messa di Natale. Soprattutto per chi – seduto comodamente sul proprio divano come molti di noi occidentali – è solo uno spettatore dei drammi di coloro che lasciano il loro Paese alla ricerca di un futuro migliore. “Lasciamoci interpellare dal Bambino nella mangiatoia – ha detto il Pontefice – ma lasciamoci interpellare anche dai bambini che, oggi, non sono adagiati in una culla e accarezzati dall’affetto di una madre e di un padre, ma giacciono nelle squallide ‘mangiatoie di dignità’: nel rifugio sotterraneo per scampare ai bombardamenti, sul marciapiede di una grande città, sul fondo di un barcone sovraccarico di migranti”.