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DISOCCUPATI FANTASMA

Nel 2014 il tasso di disoccupazione è salito in Italia al 12,7% dal 12,1% del 2013. Lo ha reso noto l’Istat, specificando che il dato annuale è il massimo mai registrato dal 1977. Come se non bastasse queste esercito di senza lavoro, ora ci si mettono anche i truffatori ad approfittare dell’occasione.

Eh sì, perché non tutti i disoccupati sono senza reddito. L’Inps infatti, in certi limiti temporali, ammortizza la situazione di disagio elargendo un sussidio che permetta di sopravvivere per un po’, in attesa di trovare nuova occupazione. Una specie di salvavita per la singola famiglia, una manna per i truffatori senza scrupoli.

Succede così che un dipendente Inps, pur stando quotidianamente a contatto con la sofferenza di chi ha perso il posto, cominci a liquidare prestazioni di disoccupazione a soggetti non aventi diritto. Un vero e proprio schiaffo a chi precipita nel baratro dell’espulsione dal processo produttivo, attraverso il meccanismo della distribuzione a pioggia di soldi e del ritorno in termini di tangente.

Mica briciole (che in linea di principio sarebbe comunque grave). Qui si parla di 423.522 euro. Protagonista del fatto un impiegato della sede sub provinciale di Roma-Monteverde-Gianicolense, che ha effettuato questo “giochetto” per 5 anni consecutivi.

Nel corso dell’ispezione che lo ha inchiodato, è venuto fuori che i soggetti beneficiari, pur avendo dichiarato di aver lavorato nel settore dello Spettacolo, non risultavano in realtà essere mai stati alle dipendenze di alcuna azienda del settore. Come dire: non potevano essere disoccupati perché non erano mai stati occupati.

La truffa è stata fatta al limite del grottesco, quasi fosse una scena de “I soliti ignoti” con Gassman, Mastroianni, Totò e Claudia Cardinale. I richiedenti risiedevano in circoscrizioni estranee alla competenza territoriale della sede Inps, producendo un modello che invece di essere fornito in originale veniva presentato in fotocopia nella parte relativa ai dati dell’imprenditore, al timbro dell’azienda e alla firma del titolare; la matricola riportata non corrispondeva alla ditta dichiarante. Mancava la copia del libretto Enpals. E soprattutto: avevano già un lavoro.

Insomma, secondo i giudici contabili bisognava essere praticamente ciechi per non vedere nemmeno una di queste mancanze. Per arrivare alla cifra astronomica di quasi mezzo milione di euro sono stati utilizzati 63 falsi profili, che nel tempo hanno percepito le somme ingiustamente erogate. Non è stato acclarato in sede penale l’esistenza del dolo, ma il solo fatto di aver per 63 casi più volte negli anni barrato la casella di “completezza” della domanda stante la situazione sopra descritta, è già di per sé motivo di colpa. L’ultima beffa? L’impiegato “distratto” era persino un sindacalista. Povera Italia! Unica consolazione: la Corte dei Conti ha condannato l’uomo alla restituzione di tutti i 423 mila euro pagati ingiustamente. Formalmente giustizia è stata fatta; peccato che quei soldi la collettività non li rivedrà mai…

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