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COLOMBIA, IL GIORNO DELLA SVOLTA

Cinquantadue anni di guerra civile, 4 di trattative, poi la pace. Nel variegato quadro dell’America Latina non è solo quello di Cuba l’unico disgelo. Anche la Colombia diventa sede di uno storico accordo: il governo di Bogotà e le Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia firmeranno l’intesa che chiuderà mezzo secolo di sangue. Da tre mesi, nelle zone maggiormente funestate dal conflitto, le armi sono state messe a tacere. Il cessate il fuoco è scattato il 22 giugno 2016, grazie alla mediazione operata da Cuba e anche al ruolo svolo dalla Santa Sede, sempre attenta, durante ministero di Papa Francesco, alle vicende politiche del Sudamerica.

La guerra civile porta con sé numeri strazianti: 260mila morti, 45mila desaparecidos e 2,6 milioni di sfollati. Uno schiaffo, una ferita profonda da cui la Colombia faticherà a riprendersi. Storicamente tutto ha inizio nel 1964 quando Manuel Marulanda Vèlez, per vendicare la repressione militare di una rivolta contadina nella regione di Marquetalia, decide di fondare le Farc, milizie armate di agricoltori formati al marxismo che hanno l’obiettivo di creare uno Stato indipendente all’interno del Paese. Dopo tre decenni di lotta, nel 1998, il presidente Andrés Pastrana concede ai guerriglieri un territorio indipendente all’interno del paese, nella regione di Caguán, e in cambio ottiene la partecipazione dei ribelli ai negoziati per il disarmo. Le Farc si rafforzano arrivando a contare circa 28mila soldati, compresi giovani non ancora maggiorenni.

Nel 2012 iniziano, a l’Avana, le trattative per la pace, che sfociano, il 22 giugno nel raggiungimento di un accordo per la tregua. Il passo successivo è la firma di un’intesa che faccia cessare definitivamente le ostilità. Dopo alcuni rinvii, finalmente ci siamo. “Il nostro Paese è atteso da un appuntamento con la storia, manca solo un passo – ha detto ad Agensir Mons. Luis Augusto Castro Quiroga, arcivescovo di Tunja e presidente dei vescovi colombiani – la Colombia ha sofferto 52 anni di guerra, ora siamo molto vicini alla pace. O meglio: siamo molto vicini a mettere fine alla guerra. Questo momento costituisce una gioia e una grazia grande”.

Numerose saranno le personalità presenti a Cartagena de Las Indias, dove l’accordo verrà siglato. Oltre a diversi capi di stato latinoamericani, ci saranno l’Alta rappresentante Ue Federica Mogherini, i segretari di Stato del Vaticano e degli Usa, Pietro Parolin e John Kerry, il segretario generale Onu, Ban ki-moon. E non mancherà certo Raul Castro, visto che le lunghe e complesse trattative si sono svolte proprio all’Avana.

La stampa locale ha anzi scritto che Cartagena, e non Bogotà, sia stata scelta quale sede della storica intesa per venire incontro all’85/enne presidente cubano, in quanto la capitale colombiana è a 2.600 metri di altezza sopra il mare. In questi giorni i riflettori sono stati puntati soprattutto sugli uomini delle Farc. Nel cuore della selva, tra le savane del Yarì, nel sudest del paese, si è svolta infatti decima “conferenza” del gruppo. La zona è stata per giorni un mix tra politica e show. In giro c’erano 500 guerriglieri armati e silenziosi, chiara dimostrazione del fatto che almeno per qualche giorno le Farc sono un’organizzazione ribelle ma obbediente. Pronta appunto a sottoscrivere la pace.

La “guerrillerada” (così vengono chiamati da molti media i ribelli) è giunta sul posto a bordo di camion e imbarcazioni che hanno risalito i fiumi, ma anche in elicottero, il mezzo usato per esempio da Rodrigo Londono. Ex Pc ed ex studente di medicina a Mosca, Londono, più noto come “Timochenko”, è l’ultimo di una lunga serie di leader Farc, che hanno iniziato la lotta ai primi anni ’60 e che sono quindi la guerriglia più vecchia dell’intera America Latina.

In questi giorni nell’accampamento Farc ci sono stati non solo tanti dibattiti e confronti ma anche molta musica: tra armi, maxischermi e un clima di festa, sabato sera ha per esempio suonato il gruppo reggae “Alerta Kamarada”. Il gioco c’è però il futuro. Sul fronte politico si è pertanto parlato di due tematiche fondamentali: l’accordo e i provvedimenti politici e organizzativi della transizione verso un movimento politico. Di fatto, la road map dell’abbandono delle armi e del processo di pacificazione. E infatti le Farc diventeranno un partito: “Non abbiamo ancora deciso il nome, stiamo ascoltando le proposte molto attraenti fatte da alcuni dei nostri combattenti”, ha precisato il portavoce del gruppo, Ivan Marquez. Tutto, o quasi, pare quindi pronto per voltare pagina: qualche giorno dopo la storica firma (il 2 ottobre) è in programma un referendum nel quale i colombiani dovranno approvare, o respingere, l’intesa. E se dovessero, come indicano i sondaggi, vincere i sì per la Colombia, dopo una notte durata 52 anni, sarà finalmente l’alba di una nuova era.

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