Pasqua di resurrezione e di martirio. Una parte dei cristiani gioiscono del Cristo risorto, altri ne testimoniano la fede subendo persecuzioni. “Sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato”, parlava così Gesù ai suoi discepoli. Oggi due millenni dopo il sacrificio della croce, la Passione coinvolge milioni di persone in ogni parte del pianeta. Perseguitati perché cristiani, colpevoli di professare la propria fede. Colpiti durante i riti dentro le chiese, quando non vengono deportati e massacrati. Uno schiaffo alla libertà di culto.
Pasqua è però la festa della gioia, la vittoria sulla morte; la croce diventa simbolo di redenzione nel Cristo che risorge lasciando il sudario nella tomba. Le campane suonano a distesa con lo stesso suono in tutti i Paesi. In Europa riti e tradizioni locali scandiscono tutta la Settimana santa. In Spagna a caratterizzare i riti pasquali sono le rappresentazioni, molto realistiche, della Passione. Le grandi protagoniste nelle processioni della Semana Santa sono soprattutto in città come Malaga, Siviglia e Granada, le confraternite (cofradías), le cui origini risalgono al quindicesimo secolo, e che passano tutto l’anno a preparare questo momento fabbricando costumi e carri. In Ungheria e in quella che una volta era la Cecoslovacchia, i giovani mediante un antico rito di fertilità, spruzzano le ragazze con l’acqua di sorgente. In Russia, tutti gli occhi sono puntati sulla cittadina di Sagorsk, dove risiede il pope di Mosca e di tutta la Russia. Il rito pasquale incomincia a mezzanotte di sabato con una processione attorno alla cattedrale. La mattina del giorno di Pasqua la famiglia Russa si reca sulla tomba di un parente e lì consuma un picnic.
In Olanda i genitori nascondono in giardino le uova per il divertimento dei bambini che devono cercarle. La Grecia festeggia con riti greco-ortodossi: ogni fedele accende in chiesa una candela che porterà con sé a casa. Il Sabato Santo è giorno di veglia e di adorazione della Croce.
In Polonia secondo la tradizione, dopo le settimane di digiuno della Quaresima il cibo va benedetto. Il sabato mattina si colorano le uova con motivi ornamentali di ogni genere, disegni floreali, geometrici, di fantasia ecc., e nel pomeriggio i fedeli mettono nei cestini di vimini salsicce, prosciutto, pane, le uova dipinte, dolci e burro, e li portano in chiesa a farli benedire. Festa e giubilo che contrasta con le sofferenze di tanti.
Una stagione così violenta e diffusa la Chiesa non la conosceva dai primi secoli della sua esistenza. Ed è emblematico che la maggior parte di queste persecuzioni avvengono a danno delle comunità cristiane più antiche: quelle legate alla predicazione degli Apostoli. Non è un caso che, nel messaggio pasquale, i capi delle Chiese di Gerusalemme, insieme con tanti “uomini e le donne di buona volontà”, si dicano pertanto “profondamente addolorati” per il livello “di violenza perpetrata falsamente in nome della religione negli ultimi mesi in Medio oriente e nel mondo”. In particolare, essi sottolineano come “i membri delle più antiche comunità cristiane in queste regioni (in particolare in Egitto, Iraq e Siria) sono quelli più direttamente colpiti”. A Gerusalemme nella chiesa del Santo Sepolcro i riti delle diverse confessioni cristiane di amalgamano nell’unica certezza: Cristo è risorto.
In Medio Oriente, dove tutto ebbe inizio, stiamo assistendo alla desertificazione del cristianesimo. In Iraq nel 2003 si contavano ancora due milioni di cristiani, oggi sono poche decine di migliaia. Le chiese distrutte dall’Isis, fatte saltare con l’esplosivo. E come non ricordare padre Dall’Oglio, gesuita, ormai disperso nelle terre del nuovo Califfato dei tagliagole in nero. Esempio di dedizione e carità.
Impossibile professare la fede in Cristo in Arabia Saudita. Difficile anche a Teheran dove i cristiani possono contare su una parvenza di libertà ma confinati in un ghetto.
Pasqua sotto scorta per le Chiese d’Asia. In Pakistan, sconvolto appena qualche settimana fa dagli attacchi simultanei a due chiese cristiane sono state rafforzate le misure di sicurezza. In alcuni Stati dell’India i cristiani soffrono la pressione dei fondamentalisti induisti che si scagliano indifferentemente contro chiese e moschee. Nelle Filippine profondamente religiose, la Settimana Santa è costellata da rappresentazioni della Passione ma questo non lascia gli arcipelaghi di Manila scevri da rischi. Basti pensare ai tentativi di attentati fatti all’indirizzo dei tre pontefici in visita laggiù. Paolo VI fu accoltellato; un attentato contro Giovanni Paolo II fu sventato poche ore prima del suo arrivo; anche durante la missione apostolica di Papa Francesco è stato individuato un gruppo che preparava un attacco al capo della Chiesa di Roma.
In Cina pochi giorni fa, due sacerdoti nella città di Mutanjiang. Padre Quan Shaoyun e padre Cao Jianyou avevano appena celebrato la messa, quando un gruppo di poliziotti li ha arrestati e portati in un luogo sconosciuto. Il dramma della Chiesa cinese tra arresti e sigilli ai luoghi di culto risale all’avvento di Mao e le persecuzioni non si sono fermate anche con il nuovo corso liberalcapitalista dei dirigenti comunisti di Pechino.
In Egitto le comunità copte hanno organizzato una loro forza di protezione che si assomma a quella del governo per impedire attacchi come quelli subiti in passato proprio durante le festività. E come non ricordare il sacrificio dei sette monaci del monastero di Tibhirine, in Algeria, dove nel 1996 furono uccisi i religiosi. In Nigeria la “guerra di religione” è divenuta una vera guerra civile nella quale si è inserito con un livello di atrocità inaudito il gruppo islamista di Boko Haram. In Sudan persecuzioni e discriminazioni rendono difficili celebrare la gioia della Pasqua. Resta alta la discriminazione nei Paesi ex comunisti come Corea del Nord, Vietnam ma anche in altri Paesi, come Eritrea, Kenya o Colombia, di cui si parla meno. In Sud America le persecuzioni arrivano dai narcotrafficanti che trovano l’opposizione dei sacerdoti cristiani.
Pasqua di passione per milioni di cristiani nel nome del Cristo risorto. Ed è questo il senso di questa fede e del messaggio di Gesù. E Papa Francesco lo ha voluto ribadire con un efficace metafora: “La pietra del dolore è ribaltata lasciando spazio alla speranza”.