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La discriminazione al contrario E IL DECRETO INFLUENZATO

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La polemica che in questi giorni sta investendo l’ospedale romano San Camillo è il tipico esempio di come in Italia si guardi quasi sempre il dito e non la Luna. Partiamo dal principio: lo scorso novembre l’azienda sanitaria ha indetto un concorso per l’assegnazione di un incarico quinquennale da primario del reparto di Ostetricia e Ginecologia. Con la prima scrematura, effettuata per titoli, la Commissione (formata dal direttore sanitario del San Camillo-Forlanini e da tre primari dello stesso ambito estratti a sorte) ha prodotto una lista di 13 candidati, tra i quali figura un obiettore di coscienza, proveniente da un noto ospedale universitario molto vicino alla Chiesa. Il risultato ha fatto subito scendere sul piede di guerra diverse realtà a difesa della legge 194, le quali già prefigurano possibili restrizioni in tutte quelle pratiche connesse all’interruzione volontaria di gravidanza. Una protesta intempestiva, perché organizzata mentre la selezione è ancora in corso e, soprattutto, basata solo su rumors. “Non abbiamo prove certe che verrà scelto lui – ha ammesso a Interris la dott.sa Elisabetta Canitano, presidente dell’associazione “Vita di Donna” e animatrice della manifestazione annunciata giorni fa da un articolo del Corriere della Sera – ci siamo mossi sulla base di voci, ma in mano non abbiamo nulla di concreto”. “Chiacchiere” insomma che servono più che altro a “sollevare un problema” anche perché “non temiamo una riduzione degli aborti ma semmai una mancanza di accoglienza. Oggi le coppie chiedono di accedere alle nuove tecniche di diagnostica prenatale. Gli ospedali devono aggiornarsi per rispondere a tali esigenze e questo non può essere fatto da un primario cattolico o confessionale”.

Uno schiaffo involontario allo stesso principio di laicità, il quale troppo spesso in Italia viene vissuto come un sentimento di sospetto verso la religiosità, quando, invece, dovrebbe essere un invito a mantenersi equidistanti e imparziali e, in questo campo, a mettere l’interesse del paziente prima delle proprie convinzioni. E un pugno anche alla professionalità di un medico giudicato solo in base alla sua fede, senza alcun riferimento a ciò che farà ove gli venga conferito l’incarico. Il simbolo di un Paese che troppo spesso cede all’ideologia, col risultato di discriminare il presunto discriminante. Tenendo anche conto di un altro aspetto: è la legge che regola la sanità e un direttore di unità complessa, all’interno di un ospedale pubblico, può fare “tutto e niente”.

Il problema, del quale solo residualmente si è parlato, semmai è un altro e riguarda le modalità di scelta dei primari. Il decreto Balduzzi, che regola la materia, prevede un doppio passaggio, prima c’è la valutazione dei curricula e successivamente un colloquio con la commissione. In ballo ci sono 100 punti, 10 derivano dal rapporto di lavoro esclusivo, 30 dal cursus honorum e ben 60 dalla discussione con gli esaminatori. Insomma, per dirla con Oscar Wilde, “Non c’è mai una seconda occasione per fare una buona impressione la prima volta”. Ma forse, quando si parla di camici e salute, sarebbe meglio dare una corsia preferenziale al curriculum piuttosto che a una chiacchierata su come il candidato intenda migliorare il reparto.

E non finisce qui, dal secondo step uscirà una rosa di tre nomi in ordine di punteggio che verrà sottoposta al direttore generale del San Camillo – Forlanini, il quale non sarà obbligato a scegliere il primo classificato ma potrà optare anche per uno degli altri due purché, in questo caso, motivi congruamente la sua decisione. Un margine di discrezionalità sin troppo ampio che non sopisce il sospetto di nomine politiche. Sarebbe stato più onesto prevedere la chiamata diretta a questo punto si mormora negli ambienti della regione Lazio, viste anche le voci che si rincorrono su chi si nasconda dietro questo o quel candidato. Nulla quaestio sui concorrenti in lizza ovviamente, si tratta di professionisti esemplari, ma, forse, di questi tempi un più chiaro cenno di meritocrazia e trasparenza non guasterebbe.

Francesco Volpi: