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BENEDETTO DA DIECI ANNI

Benedetto XVI ha appena compiuto 88 anni e celebra oggi il suo decennale dall’elezione al Soglio Petrino vivendo da papa emerito all’interno delle mura vaticane. Nel congedarsi dal mondo aveva annunciato di voler trascorrere una vita molto ritirata nel silenzio e nella solitudine. Di fatto la sua presenza all’interno di quelle mura si fa sentire ed ogni suo passo riverbera fortemente, riaccendendo addirittura in alcuni il desiderio di vederlo tornare a governare la Chiesa, contrapponendolo a Papa Francesco. Fantasie che spesso diventano leggende nel tentativo di voler trascinare Ratzinger nel solito vortice delle polemiche ecclesiastiche.

Ma il grande Papa teologo sarà principalmente ricordato per due grandi passaggi del suo pontificato; il primo fu proprio all’inizio quando diede battaglia pubblica alla “dittatura del relativismo”, termine che irritò fortemente tutto il sistema del sincretismo religioso proteso alla globalizzazione e cioè alla distruzione del cattolicesimo. Quella presa di posizione così forte contro i poteri forti divenne l’inizio di un ministero da abbattere in tutti i sensi. E così è accaduto con un attacco senza precedenti che proprio l’ex prefetto della Congregazione della fede ha dovuto affrontare.

Fu proprio durante l’omelia della Missa pro eligendo Romano Pontifice, il mattino del 18 aprile 2005 per il rito d’apertura dei lavori del Conclave, che pronunciò un discorso divenuto celebre come il suo “programma di pontificato”. In esso denunciò appunto il pericolo della “dittatura del relativismo, che non riconosce nulla come definitivo e lascia come ultima misura solo il proprio io e le proprie voglie. La storia dimostra con grande chiarezza – affermò – che le maggioranze possono sbagliare. La vera razionalità non è garantita dal consenso di un gran numero, ma solo dalla trasparenza della ragione umana alla ragione creatrice e dall’ascolto comune di questa fonte della nostra razionalità”. Il mondo e la cultura contemporanea non si pongono più come obiettivo “la ricerca del bene, ma quella del potere, o piuttosto dell’equilibrio dei poteri. Alla radice di questa tendenza vi è il relativismo etico, in cui alcuni vedono addirittura una delle condizioni principali della democrazia, perché il relativismo garantirebbe la tolleranza e il rispetto reciproco delle persone. Ma se fosse così, la maggioranza di un momento diventerebbe l’ultima fonte del diritto”. “E’ necessario – specificò Ratzinger – riscoprire l’esistenza di valori umani e morali essenziali e nativi, che scaturiscono dalla verità stessa dell’essere umano ed esprimono e tutelano la dignità della persona: valori che nessun individuo, nessuna maggioranza e nessuno Stato potranno mai creare, modificare o distruggere, ma dovranno solo riconoscere, rispettare e promuovere”.

La spiritualità di Benedetto XVI è stata influenzata dall’originario movimento liturgico tedesco, favorito in gran parte dai Benedettini verso i quali egli ha sempre avuto una grande devozione. La vera lotta per la liturgia è stata fatta nel tentativo di superare la contrapposizione ideologica fra antico e nuovo, che ha dominato e ostacolato la ricezione e l’applicazione del Concilio Ecumenico Vaticano II. Un grande tema teologico caro a Ratzinger concerne la convinzione che “l’Eucaristia è più di un convito fraterno”. Primariamente è il sacrificio della Chiesa in cui il Signore prega con il suo popolo e si dona a lui. Pertanto, non è mai inutile parteciparvi, anche chi non può ricevere la comunione, come i divorziati e i cattolici risposati.

Papa Ratzinger è il più grande teologo vivente e con la sua trilogia su Gesù ha cercato di riscoprire la fede cominciando dalle radici, dai fondamentali; spiegando che nella prospettiva cristiana prima viene la fede e poi la morale, anche se la prassi pastorale a volte sembra suggerire il contrario. Il fondamento del cristianesimo è l’annuncio della resurrezione di Cristo.

Ha inoltre manifestato particolare impegno e determinazione nel dialogo interreligioso. Più volte ha ripreso la dichiarazione “Nostra Aetate”, precisando “l’atteggiamento della Comunità ecclesiale nei confronti delle religioni non cristiane”, riaffermando il rapporto speciale che i cristiani hanno con gli ebrei, la stima verso i musulmani e i membri delle altre religioni, confermando, infine, “lo spirito di fraternità universale che bandisce qualsiasi discriminazione o persecuzione religiosa”.

Promotore del rapporto tra fede e ragione, il quale può funzionare solo a doppio senso, ha sostenuto che le “distorsioni della religione – come il settarismo e il fondamentalismo – emergono quando viene data una non sufficiente attenzione al ruolo purificatore e strutturante della ragione all’interno della religione”. D’altra parte “senza il correttivo fornito dalla religione anche la ragione può cadere preda di distorsioni, come avviene quando essa è manipolata dall’ideologia, o applicata in un modo parziale, che non tiene conto pienamente della dignità della persona umana”.

Nel messaggio per la Giornata della pace del 2012, ha scritto che “la pace non è un sogno, non è un’utopia: è possibile. I nostri occhi devono vedere più in profondità, sotto la superficie delle apparenze e dei fenomeni, per scorgere una realtà positiva che esiste nei cuori, perché ogni uomo è creato ad immagine di Dio”. Ribadendo inoltre i principi della difesa della vita e della famiglia fondata sul matrimonio, affermò: “Questi principi non sono verità di fede, né sono solo una derivazione del diritto alla libertà religiosa. Essi sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa. Tale azione è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi, perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace”.

Uno degli snodi fondamentali del pontificato di Benedetto XVI è stato anche il dialogo ecumenico, in particolare con il Patriarcato di Costantinopoli e la Chiesa ortodossa tutta. Oltre a numerose visite apostoliche in Italia Sua Santità ha compiuto viaggi in 21 paesi di tutti i continenti: è stato tre volte in Germania e in Spagna. Sono seguite Polonia, Turchia, Austria, Francia, Repubblica Ceca, a Malta, in Portogallo, a Cipro, nel Regno Unito, in Croazia e a San Marino. Cui si aggiungono le tappe intercontinentali Brasile, Stati Uniti, Messico, Cuba, Australia, Africa, Libano e Terra Santa.

Nel concistoro ordinario dell’11 febbraio 2013 il Papa mite ha sconvolto il mondo rinunciando “al ministero di vescovo di Roma, successore di san Pietro”. Ritirandosi nel silenzio con un grande gesto rivoluzionario, di umiltà e coraggio, ha aperto la strada alla novità di Papa Francesco. Uno schiaffo a chi, superficialmente, lo aveva dipinto come un conservatore. E’ stato l’8º pontefice della storia della Chiesa a rinunciare al ministero petrino, se si considerano unicamente i casi dei papi Clemente, Ponziano, Silverio, Benedetto IX, Gregorio VI, Celestino V e Gregorio XII, di cui si hanno fonti storiche certe. Pochi giorni fa il suo segretario particolare monsignor, George Gaenswein, in un’intervista a Retequattro, ha detto che Ratzinger è molto lucido, conta su una forte memoria ed è ancora dedito ai suoi amati studi. Di fatto tanti lo cercano e molti ecclesiastici vanno a chiedergli consiglio. Il papa emerito non si ritrae ma con la propria gentile accoglienza si concede. La sua profonda intelligenza e grande umiltà continuano a sorprenderci.

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