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Alla vista della città pianse su di essa

«Alla vista della città pianse su di essa» «Videns civitātem flevit super illam»

Giovedì 19 novembre – XXXIII Settimana del tempo ordinario – Lc 19, 41-44

In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».

Il commento di Massimiliano Zupi

Gesù guarda Gerusalemme, ripiegata su di sé, chiusa nel suo peccato, sorda alla Parola del suo Salvatore, cieca davanti al-la bellezza del più bello tra i figli d’uomo (Sal 45/44,3), e ne presagisce la rovina, la sua prossima caduta e distruzione per mano dei Romani. Ma in Gerusalemme vede ciascuno di noi, imprigionato nel peccato, costruirsi la propria perdizione: perché tutti siamo nati là (Sal 87/86,5-7). Gesù sente la morte ventura dei peccatori e piange. Qui si misura tutta la distanza che separa gli uomini da Dio.

Noi infatti, di fronte al peccato e al male degli altri, alle loro ombre e brutture, ai loro vizi e meschinità, subito abbiamo la reazione di puntare il dito e criticare, di giudicare e condannare, di mormorare e diffamare. Gesù invece piange: soffre sinceramente per il male dei suoi fratelli, per la loro caduta e la loro rovina. Il suo è un amore fedele: non viene meno di fronte all’infedeltà e al rifiuto (2 Tm 2,13). Ora, quelle lacrime di dolore, di compassione, estrema manifestazione d’amore, sono davvero pioggia che irriga ed ammanta di benedizioni la terra, pioggia capace di trasformare il deserto in giardino, di portare vita là dov’era morte (Sal 84/83,7).

Quando tutto sembra finito, ogni tentativo di redenzione fallito, quando sembra venuta meno ogni speranza (Ez 37,11), proprio allora il non-giudizio ed il perdono, il dispiacere e la benevolenza, sono capaci di convertire i cuori induriti, di aprire i sepolcri, di trafiggere i petti (At 2,37) ed innamorare. Così, di fronte al Crocifisso, tutta la folla si batterà il petto (Lc 23,48): il fianco trafitto diventerà compunzione, trafittura dei cuori, tocco interiore dello Spirito che trasformerà il popolo lontano in popolo di Dio (Os 2,25), la donna ripudiata in sposata (Is 62,4.12), le creature ribelli in figli.

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