«Se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe»
«Si sciret pater familĭas qua hora fur ventūrus esset, vigilāret utĭque»
XXI Settimana del Tempo Ordinario – Mt 24,42-51
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo. Chi è dunque il servo fidato e prudente, che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici per dare loro il cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così! Davvero io vi dico: lo metterà a capo di tutti i suoi beni. Ma se quel servo malvagio dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda”, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a mangiare e a bere con gli ubriaconi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli ipocriti: là sarà pianto e stridore di denti».
Il commento di Massimiliano Zupi
I due capitoli del Vangelo di Matteo precedenti il racconto della Passione sono dedicati agli ultimi tempi: la fine del mondo, a livello cosmico; l’arrivo di sorella morte, a livello individuale. In effetti, una delle immagini più efficaci per dire la venuta della fine, personale e collettiva, è questa del ladro nella notte: quando cadremo nel sonno della morte, incoscienti ed incapaci di reagire in alcun modo, ci verrà portato via tutto, corpo, soffio vitale, beni, posizione raggiunta, competenze acquisite, affetti; da padroni, da signori del mondo, ci ritroveremo in un attimo ad essere meno che servi, ad essere nulla.
Come difendersi da una minaccia così incombente, anzi certa? La risposta del vangelo è netta: vegliate! Ossia: state svegli! In effetti, rischiamo di trascorrere la vita dormendo: di svegliarci, paradossalmente, solo quando ci addormenteremo nel sonno della morte. Vivere senza la consapevolezza di dover morire è davvero dormire! Accumuliamo conoscenze e beni per noi stessi, e legami con gli altri: ma è un gigante dalle gambe di creta (Dn 2,33-34), nebbia al mattino (Sal 39/38,6-7). Nel caso peggiore, poi, spadroneggiamo sugli altri e ci ubriachiamo di piaceri: siamo come servi malvagi, che nella loro stoltezza dimenticano di essere servi e si illudono che essere signori significhi dominare e tenere tutto e tutti sotto di sé.
La storia allora, già al presente, diventa pianto e stridore di denti. Vegliare, dunque: tenere gli occhi aperti alla luce della verità del vangelo. Anzitutto, vivendo da servi: nulla è in nostro potere, nulla abbiamo nelle nostre mani, tanto meno la vita. Nella consapevolezza che, anziché costituire una maledizione, in ciò risiede piuttosto il nostro essere ad immagine di Dio: egli infatti regna essendo servo (Mt 20,28; Fil 2,6-11) e vive tenendo in pugno nulla, ma tutto donando. Non solo servi, però; siamo chiamati anche ad essere servi buoni: le mani le abbiamo per servire, per dare da mangiare, per prenderci cura.
Siamo fatti per essere madri e padri: per generare vita, per farla crescere. Ancora una volta, ad immagine e somiglianza di Dio che, proprio in quanto Dio, è Padre. Già al presente allora intuiremo che tutto ciò che esiste porta in sé un principio di vita e non di morte (Sap 1,14): in attesa che alla fine verrà a prenderci un padrone buono, il pastore della vita (Sal 23/22), e non un ladro. E sarà festa, e non lutto (Is 25,6-10)