“Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto”

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«Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi»
«Si ita est causa homĭnis cum uxōre, non expĕdit nubĕre»

XIX Settimana del Tempo Ordinario – Mt 19,3-12

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». Egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina (Gn 1,27) e disse: Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne (Gn 2,24)? Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».

Gli domandarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di ripudiarla (Dt 24,1)?». Rispose loro: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio». Gli dissero i suoi discepoli: «Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi».

Egli rispose loro: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca».

Il commento di Massimiliano Zupi

È lecito divorziare? Alla recisa risposta negativa da parte di Gesù − «l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto» − i discepoli, costernati, concludono che allora è meglio non sposarsi! In effetti, se la legge diviene catena e capestro, è meglio infrangerla. Nelle società occidentali, la legislazione sul divorzio ha proprio lo scopo di liberare da una simile oppressione. Da questo punto di vista, lo spirito è analogo a quello che anima il vangelo: sciogliere paralisi ed irrigidimenti, allontanare sensi di colpa e pregiudizi sociali, promuovere tutto ciò che sia utile alla crescita e al bene degli uomini.

Ora, «sciogliere» ed «allontanare» sono verbi negativi, «promuovere» invece è positivo: proprio qui sta il discrimine tra la legislazione delle nostre società ed il vangelo. L’accordo riguarda il versante negativo: la legge sul divorzio serve a liberare da una possibile forma di oppressione; viceversa, e paradossalmente, il vangelo trasformato in legge rischia di diventare strumento contro le leggi di liberazione. Quando però si passi a considerare il versante positivo, è possibile che l’accordo si capovolga in contrasto: contrapposizione tra mondo e vangelo.

Il divorzio, se anche non nelle intenzioni dei legislatori, facilmente infatti diventa espressione della logica del principe di questo mondo (Gv 12,31): affermazione cioè del fatto che la realizzazione dell’uomo passerebbe per la soddisfazione dei suoi bisogni, affettivi oltre che materiali. Se un innamoramento scema, se un altro se ne accende, è giusto cambiare partner; del resto, come recitava Woody Allen in una battuta di un suo film, il cuore è un muscoletto davvero molto elastico! La logica del vangelo è esattamente opposta: la realizzazione dell’uomo passa per il rinnegamento di sé, perché l’oppressione dalla quale abbiamo bisogno di essere liberati per fiorire è la schiavitù esercitata dal proprio io; perfetta letizia, secondo un noto Fioretto francescano, è aver vinto su sé stessi!

Oggi, per fortuna, è in atto un graduale processo di liberazione per tutto quanto riguarda il matrimonio e la sessualità: ma è poi sicuro che far sesso con tante persone, aldilà di un impegno per tutta la vita, sia il bene dell’uomo? Non lo rende piuttosto schiavo del piacere (schiavitù che un tempo era chiamata vizio o peccato, con il rischio certo di cadere nel moralismo, ma con la possibilità anche di svelare il gioco del male, di fargli cadere la maschera)? Il sesso libero produce felicità o tristezza? È libertà o compulsione? La signoria dell’uomo non passa per l’essere compos sui, padrone di sé? Non passa per la castità, piuttosto che per la libertà sessuale?

All’indissolubilità del matrimonio, Gesù aggiunge un’altra possibilità: il celibato per il regno. Si tratta delle due vocazioni cristiane; due forme diverse in cui vivere però l’unica realtà: l’amore di Dio e del prossimo. In entrambi i casi, l’amore si realizza come castità: come dono di sé, come  cura e servizio dell’altro. L’indissolubilità del matrimonio può diventare un peso che schiaccia: la società fa bene a sollevarlo dalle spalle dei cittadini. Ma è anche l’unica via credibile dell’amore, ciò che fa dei due una sola carne: il prezzo è il rinnegamento di sé; il guadagno è trovare sé stessi: di più, è entrare nella gioia del regno, pregustare la vita eterna, divenire simili a Dio.

Massimiliano Zupi: