«Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete»
«Modĭcum, et iam non vidētis me, et itĕrum modĭcum, et videbĭtis me»
Sesta Settimana di Pasqua
Gv 16,16-20
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire».
Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia».
Il commento di Massimiliano Zupi
L’uomo è fatto per la vita, ma incontra la morte; desidera gioia, ma sperimenta tristezza; ricerca comunione, ma rimane nella desolazione. Il cristiano vorrebbe stare con il suo Signore, ma il sepolcro è vuoto, Gesù è assente, è salito al cielo (Lc 24,51; At 1,9): non è più possibile vederlo. Tuttavia, ancora un poco e lo vedremo.
Il mistero pasquale è l’offerta di una chiave di lettura: la morte diventa via per entrare nella vita, la desolazione porta per la gioia, l’assenza accesso alla presenza. L’intera esistenza terrena diventa quel «poco tempo» che bisogna attraversare per arrivare a gustare la gioia. Sperimentiamo certamente contrarietà di ogni tipo: malattie, debolezze, persecuzioni, solitudine, … Ma tutte possono trasformarsi in cammino di liberazione e di donazione: liberazione dal proprio «piccolo io», dono di sé per amore. E nella misura in cui ciò avviene, già si pregusta la gioia della libertà e la bellezza della vita eterna.