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“Tese la mano e lo toccò dicendo: ‘Lo voglio: sii purificato!'”

«Lo toccò»
«Tetĭgit eum»

XII Settimana del Tempo Ordinario – Mt 8,1-4

Quando Gesù scese dal monte, molta folla lo seguì. Ed ecco, si avvicinò un lebbroso, si prostrò davanti a lui e disse: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi». Tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio: sii purificato!». E subito la sua lebbra fu guarita. Poi Gesù gli disse: «Guàrdati bene dal dirlo a qualcuno; va’ invece a mostrarti al sacerdote e presenta l’offerta prescritta da Mosè come testimonianza per loro».

Il commento di Massimiliano Zupi

Gesù ha appena terminato il lungo insegnamento tenuto sulla montagna (Mt 5-7): la sua prima azione, dopo il discorso, è toccare. La Parola si fa carne: egli stesso è la Parola fatta carne (Gv 1,14). Il vangelo non è un annuncio che si limiti ad infiammare o consolare, come le parole di un buon predicatore: è Parola che guarisce, efficace, che compie quanto dice (Is 55,10-11; 1 Ts 2,13). Non è solo annuncio di salvezza: realizza la salvezza. Non è solo una dichiarazione d’amore: fa sentire amati. Siamo bisogno di essere toccati e di toccare. Il neonato, prima ancora di parlare e camminare, è toccato e tocca: attraverso quel contatto, comincia a prendere consapevolezza di sé, degli altri, del mondo. Passiamo la vita nel tentativo di trovarci ed affermarci: solo nel contatto con le persone che ci amano e che amiamo, possiamo trovarci; solo nella comunione con loro, possiamo affermarci.

Certo, c’è tocco e tocco. C’è un toccare che è afferrare, stringere tra le dita, schiacciare: produce solo morte. E c’è un toccare che è carezzare, sollevare e donare: è il modo di toccare di Gesù, è il modo di toccare di chi ama. L’Eucarestia è il tocco definitivo del Signore: lì egli si fa vicino con il suo corpo, ci sfiora, si dona. In questo modo si fa nostro corpo: anche noi diventiamo carne capace di carezzare ed offrirsi. Siamo guariti dalla lebbra: malattia che separa tutti da tutti, tiene isolati, in una solitudine infernale. Siamo guariti dal peccato: la nostra carne, il nostro essere limitati, i nostri limiti non sono più causa di separazione, ma di contatto e comunione. Contatto però al quale segue
un congedo: fecondità dell’amore, di un bacio che ispira parole, di una comunione che sviluppa autonomia, di un’unione dalla quale nasce una nuova vita.

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