«Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni»
«Infirmos curāte, mortŭos suscitāte, leprōsos mundāte, daemŏnes eicĭte»
Giovedì 9 luglio – XIV Settimana del Tempo Ordinario – Mt 10, 7-15
In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli: «Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né basto-ne, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città».
Il commento di Massimiliano Zupi
Guarire gli infermi, risuscitare i morti, purificare i lebbrosi, scacciare i demòni: questo è il potere ed il compito, immane, dato ai discepoli. Infermità, morte, lebbra vanno senz’altro intese in senso spirituale. Del resto, a cosa gioverebbe essere guariti da una malattia, dal momento che poi ci si potrebbe riammalare? La stessa resurrezione di Lazzaro (Gv 11,43-44), in sé stessa, fu poca cosa, poiché egli sarebbe pur dovuto morire una seconda volta. Sospendere momentaneamente la malattia, rimandare la morte: sarebbe un potere effimero, finanche crudele. Ma qui si tratta appunto di miracoli da intendere in senso spirituale. La guarigione è dell’anima: guarire dalla mancanza di energia vitale (Mt 8,14-15), dall’incapacità di amare. Dare alle persone la gioia di vivere, la generosità di donarsi: si potrebbe pensare ad un potere più gran-de, ad un miracolo più desiderabile?
La cosa più stupefacente tuttavia è guardare ciò che conferisce ai discepoli un simile potere: la povertà («non procuratevi oro …»), il non possedere né accumulare nulla («né sacca da viaggio …»), l’essere servi («né sandali …»), indifesi («né bastone …»). È il segreto del Regno, la sapienza del vangelo, nascosta ai sapienti e agli intelligenti (Mt 12,25): non conquistare, ma ricevere in dono; non dominare, ma servire; non superare i propri limiti, ma riconoscerli; non possedere, ma dare in dono. Gesù non conferisce un superpotere ai suoi discepoli; li invita piuttosto semplicemente a testimoniare il modo di essere che li ha resi liberi, così da liberare chi ancora sia in catene.