Ā«Non abbiate dunque pauraĀ»
Ā«NolÄ«te ergo timÄreĀ»Ā
XII Settimana del Tempo Ordinario ā Anno A –Ā Mt 10,26-33
In quel tempo, GesĆ¹ disse ai suoi apostoli: Ā«Non abbiate paura degli uomini, poichĆ© nulla vi ĆØ di nascosto che non sarĆ svelato nĆ© di segreto che non sarĆ conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate allāorecchio voi annunciatelo dalle terrazze. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere lāanima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella GeĆØnna e lāanima e il corpo. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrĆ a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete piĆ¹ di molti passeri! PerciĆ² chiunque mi riconoscerĆ davanti agli uomini, anchāio lo riconoscerĆ² davanti al Padre mio che ĆØ nei cieli; chi invece mi rinnegherĆ davanti agli uomini, anchāio lo rinnegherĆ² davanti al Padre mio che ĆØ nei cieliĀ».
Il commento di Massimiliano Zupi
Ā«Non abbiate pauraĀ», grida tre volte oggi GesĆ¹: allāinizio, al centro e alla fine della pericope. Questo imperativo ricorre 365 volte nella Bibbia: Dio non si stanca di ripetercelo, una volta al giorno. In effetti, ĆØ la prima parola pronunciata da Adamo: Ā«Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perchĆ© sono nudo, e mi sono nascostoĀ» (Gn 3,11). La paura ĆØ suscitata dalla propria nuditĆ : dal non sentirsi graditi, riconosciuti dagli altri; al contrario, dal percepirsi giudicati e condannati, rifiutati e rinnegati. La paura ĆØ tuttāuno con il sentimento di solitudine radicale che attanaglia ogni uomo: Ā«Non ĆØ bene che lāuomo sia soloĀ» (Gn 2,18). La solitudine infine ĆØ essenzialmente unāanticipazione della morte: nella morte infatti siamo radicalmente da soli, si muore da soli; nessuno piĆ¹ ci riconoscerĆ , semplicemente perchĆ© non saremo piĆ¹.
Ecco allora la buona novella, che giustifica quel Ā«non abbiate pauraĀ»: alla fine non cāĆØ il nulla, ma la presenza di un Padre che si prende cura di noi; non la solitudine, ma la consolazione di un Dio-con-noi-per-sempre. Un lieto annuncio simile, tuttavia, ĆØ solo una voce accanto a tante altre, di segno opposto: voci che ci suggeriscono che altri sono i modi per vincere la solitudine e la paura, ovvero lāapparire, lāavere ed il potere. Da una parte, una parola sussurrata allāorecchio, nellāintimitĆ del cuore. Dallāaltra, un proclama gridato nelle piazze ed illuminato dai riflettori. Ma il primo ĆØ come un seme di senape (Mt 13,31-32): piccolo e non appariscente, ha bisogno del nascondimento sotto terra e di una lunga gestazione per mettere radici e spuntare; di piĆ¹, ha bisogno di morire per trasformarsi in pianta (Gv 12,24); ma poi diventa lāalbero piĆ¹ grande di tutti, che nulla potrĆ far cadere e che dĆ frutti dodici mesi lāanno (Ez 47,12; Ap 22,2). Il secondo invece ĆØ una piantina giĆ cresciuta, in un vasetto: graziosa alla vista, bella nellāaspetto, con i fiori; ma poi le sue radici non hanno spazio per crescere: il sole la secca, il vento lāabbatte, inesorabile lo scorrere del tempo la uccide. Occorre la sapienza del contadino per discernere tra ciĆ² che esige pazienza, ma porta con sĆ© una promessa di feconditĆ e di vita (Gc 5,7), e ciĆ² che ha apparenza immediata di bellezza, ma certezza di morte.