«A Dio tutto è possibile»
«Apud Deum omnĭa possibilĭa sunt»
XX Settimana del Tempo Ordinario – Mt 19,23-30
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile». Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi».
Il commento di Massimiliano Zupi
Alla domanda del giovane ricco contenuta nel Vangelo di ieri − «che cosa fare di buono per avere la vita eterna?» (Mt 19, 16) − il brano di oggi giunge a dare, per bocca di Pietro, una risposta terribile: nessuno può salvarsi. In effetti, la storia dell’umanità e l’esistenza dei singoli sembrano confermare un simile giudizio. Quanto agli uomini, sono una massa damnatiōnis, una massa di dannati; per quanto riguarda i singoli, nessuno fa il bene, neppure uno (Sal 14/13,3; 53/52,4).
Tuttavia, al termine della pericope, inaspettato viene aperto un varco alla speranza: quel che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio. Altrimenti, del resto, il testo che leggiamo non si chiamerebbe evangelo, buona notizia. Il versetto è la trascrizione in positivo di quanto, nel Vangelo di Luca, l’angelo dichiara a Maria: «Nulla è impossibile a Dio» (1,37). In effetti, se è impossibile per l’uomo condurre una esistenza degna della salvezza, non lo è meno concepire dentro di sé Dio e generarlo al mondo. Non solo, ma ricevere la vita eterna significa poi proprio questo: diventare come Dio, capaci di generare vita come lui la genera.
Non a caso, Maria è la prima ad essere salvata. Ma, appunto, come è possibile tutto ciò? Solo grazie a Dio: solo cioè se ci è rivolta personalmente la sua Parola (Mt 4,19; 9,9), se il suo sguardo ci raggiunge dentro (Mc 10,21), se la sua ombra ci ricopre (Lc 1,35; Mc 9,7) e il suo tocco ci sfiora (L 7,14). Ma di nuovo: come si realizza tutto ciò? Certo, a volte può essere direttamente opera di Dio, una sua iniziativa: così è stato per Maria, per Paolo e per tanti santi del passato e del presente.
Il più delle volte, però, la realizzazione avviene attraverso la mediazione degli uomini: Dio arriva a toccare il cuore attraverso l’annuncio di un predicatore (At 8,35), la liturgia di una comunità, le opere di un credente. L’opera di salvezza si realizza attraverso la cooperazione degli uomini! Del resto, proprio per questo siamo detti essere ad immagine di Dio (Gn 1,26-27): non abbassiamo dunque la nostra destinazione, non veniamo meno alla nostra chiamata, diveniamo ciò per cui siamo fatti!