«Il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze»
«Adulescens abĭit tristis; erat enim habens multaspossessiōnes»
XX Settimana del Tempo Ordinario – Mt 19,16-22
In quel tempo, un tale si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?». Gli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». Gli chiese: «Quali?». Gesù rispose: «Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre (Es 20,12-16; Dt 5,16-20) e amerai il prossimo tuo come te stesso (Lv 19,18)». Il giovane gli disse: «Tutte queste cose le ho osservate; che altro mi manca?». Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!». Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze.
Il commento di Massimiliano Zupi
Il protagonista del Vangelo di oggi è ad uno stadio avanzato nel cammino spirituale, nella maturità della sua umanità. Innanzitutto, si avvicina a Gesù e gli rivolge una domanda: è un cercatore di Dio. In secondo luogo, il desiderio che lo abita è di avere la vita eterna: non si accontenta del presente, non ha lo sguardo abbassato sui propri piedi, bensì alto sull’orizzonte; desidera la vita eterna, l’infinito, la pienezza. Infine, osserva già i comandamenti fondamentali per non deturpare la propria umanità: ama i genitori ed il prossimo suo; in negativo, si tiene lontano da ogni forma di omicidio, adulterio, furto e menzogna.
Ognuno di questi peccati è come un laccio che schiavizza, un’ombra che toglie luce, una maschera che sfigura. Il giovane, dicevamo, si trova dunque ad un livello progredito del cammino spirituale. Ciò nondimeno, tutto questo non basta: non è ancora perfetto; ovvero, letteralmente, è imperfetto, incompiuto, zoppo ad una gamba. Non è ancora formato: non è ancora nato (Gv 3,3)! Cosa gli manca? Lasciare le proprie ricchezze e seguire solo il Signore. È questo, si sa, uno dei tre cosiddetti consigli evangelici: la povertà. Una cosa da preti, riservata ai consacrati.
Tuttavia la vita eterna è per tutti, il vangelo è per tutti: ognuno è chiamato a raggiungere la piena statura di Cristo (Ef 4,13). Il giovane se ne va via triste − annota l’evangelista – perché possedeva molte ricchezze dalle quali non riesce a separarsi. È questa la schiavitù dalla quale dobbiamo progressivamente liberarci, per entrare nella gioia: il possesso dei beni materiali, ma poi anche di quelli affettivi ed intellettuali. L’esempio della vita consacrata e dei santi può servirci da stimolo. In ogni caso, il traguardo è comune: vivere tutto come dono, da accogliere ed elargire, con la freschezza e la leggerezza dei bambini, con la libertà e la signoria dei figli di Dio.