“La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo”

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«Questo è stato fatto dal Signore / ed è una meraviglia ai nostri occhi» «A Domĭno factum est istud / et est mirabĭle in ocŭlis nostris»

Domenica 4 ottobre – XXVI settimana del tempo ordinario – Mt 21, 33-43

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori della vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi (Sal 118/117,22-23)? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca frutti».

Il commento di Massimiliano Zupi

La parabola, in modo drammatico, mostra lo scontro crescente tra Dio e uomo, tra Creatore e creatura. Dio ha la terra, ma ne fa dono, la affida; l’uomo ha ricevuto tutto, ma vuole rubare e fare proprio. Dio lavora con cura, fatica, infine si ritrae; l’uomo, nella sua brama, è paralizzato, incapace di far fruttificare. Dio sollecita alla cooperazione: desidera solo che la terra dia il suo frutto, che allieti il cuore di tutti (Sal 104/103,13-15); l’uomo rifiuta e si indurisce sempre più: l’omicidio dell’innocente è l’unico frutto che sa produrre.

Lo scontro giunge all’apice. Dio espone sé stesso: manda il proprio unico Figlio (Gn 22,2.8; Gv 3,16), a testimonianza del suo coinvolgimento. Anche gli uomini allora escono allo scoperto; manifestano la verità del loro cuore, la radice della loro durezza: vogliono possedere ciò che è stato loro affidato, essere proprietari, diventare come Dio (Gn 3,5). Essi vogliono tenere tutto nelle loro mani: e Dio si consegna loro, si fa pane (Mt 26, 26).

Vogliono diventare come Dio e Dio mostra loro cosa significhi essere come Dio: consegnarsi, dare tutto sé stesso. I capi dei sacerdoti e i farisei avrebbero fatto morire miseramente i malvagi della parabola: Dio invece si (abban)dona nelle loro mani. Questa è l’opera del Signore: meraviglia che nessuno avrebbe potuto prevedere, capace ancora oggi di guarirci dalla nostra malattia! Si affida alle nostre mani: quale neonato, nella mangiatoia (Lc 2,7); quale corpo ferito a morte, deposto dalla croce (Lc 23,53). Ci basta prendere quel corpo, toccarlo (Lc 2,28): allora rimarremo disarmati, saremo liberati dall’istinto di rapina e ricolmi del sentimento di gratitudine perché tutto è dono, e la nostra terra produrrà finalmente il frutto della vite.

Massimiliano Zupi: