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«Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?»

«I suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani»

«Vellēbant discipŭli eius spicas et manducābant confricantes manĭbus»

XXII Settimana del Tempo Ordinario – Lc 6,1-5

Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. Alcuni farisei dissero: «Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?». Gesù rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell’offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non sia lecito
mangiarli se non ai soli sacerdoti?». E diceva loro: «Il Figlio dell’uomo è signore del sabato».

Commento di Massimiliano Zupi

È sabato e i discepoli hanno fame. Come già fece Davide, Gesù consente loro di trasgredire la Legge: allora entrando nel Tempio e mangiando i pani dell’offerta (1 Sam 21,7), ora compiendo un lavoro. Perché? Perché egli è Dio, signore del sabato: ciò che non sarebbe lecito agli uomini, in quanto trasgressione, è permesso a lui, in quanto compimento. La casa di Dio non è più uno spazio riservato ai sacerdoti: tutti vi possono entrare, perché figli. La messe non è più in crescita: è pronta. Non è più il tempo dell’attesa, ma del raccolto. I campi non sono luogo di fatica, l’ingresso non è vietato: sono ormai lo spazio per la festa ed il banchetto.
Gesù, il Figlio amato, è venuto a rivelarci la nostra identità di figli perdonati (Lc 4,21): diventarne consapevoli significa entrare nel giorno di Dio (Eb 4,11), saziarsi del suo dono, vivere la vita come tempo di gioia e di libertà. C’è un lavoro da compiere, però, per realizzare tutto ciò: prendere le spighe e sfregarle con le mani.
Le spighe sono la Parola di Dio: essa va letta e studiata, ascoltata e ruminata, affinché ci faccia entrare nel sabato. Le spighe sono il corpo di Cristo: esso è la nostra umanità e quella dei fratelli, la carne nostra e loro, che va accolta e benedetta, toccata e curata, presa tra le mani e donata.

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