«Perché avete paura, gente di poca fede?»
«Quid timĭdi estis, modĭcae fidĕi?»
XIII Settimana del Tempo Ordinario – Mt 8,23-27
In quel tempo, salito Gesù sulla barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco, avvenne nel mare un grande sconvolgimento, tanto che la barca era coperta dalle onde; ma egli dormiva. Allora si accostarono a lui e lo svegliarono, dicendo: «Salvaci, Signore, siamo perduti!». Ed egli disse loro: «Perché avete paura, gente di poca fede?». Poi si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia. Tutti, pieni di stupore, dicevano: «Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?».
Il commento di Massimiliano Zupi
I discepoli, in verità, hanno ragione ad aver paura: Gesù dorme, mentre il mare in tempesta li sta per precipitare negli abissi. Di fronte alla morte imminente, come non temere? Del resto, questa scena è un’anticipazione di quanto si sarebbe compiuto più avanti: Gesù si sarebbe addormentato sul legno della croce, sarebbe stato inghiottito nella tenebra del sepolcro. È il destino, infine, che attende tutti: saremo sommersi dall’onda
della morte, dormiremo un sonno mortale. Il Vangelo non fugge la morte, non ce la evita. Anzi, l’ingresso nella vita cristiana avviene attraverso l’immersione nell’acqua battesimale: la sequela di Cristo inizia con l’accettazione di andare a fondo, preda delle fauci della morte. I discepoli dunque, qui, hanno paura di essere battezzati. Non hanno fede: non hanno ancora fiducia. Non credono che nell’abbandono della morte troveranno l’abbraccio del Padre; non credono che nel sonno eterno saranno risvegliati dal bacio dello Sposo. Fede è questa certezza: che perdendosi ci si trova (Mt 16,25), che donandosi ci si riceve in dono, che morendo si rivive (Gv 12,24; 1 Cor 15,12-20), perché la vita è reciprocità del ricevere in dono e del donare, dell’impegnarsi e dell’abbandonarsi.