“Nessuno che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice il vecchio è gradevole»

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«Allora in quei giorni digiuneranno»
«Tunc ieiunābunt in illis diēbus»

XXII Settimana del Tempo Ordinario – Lc 5,33-39

In quel tempo, i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere; così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevo – no!». Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno». Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli altri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”».

Commento di Massimiliano Zupi

I discepoli di Gesù – annuncia il Vangelo di oggi – digiuneranno quando lo Sposo sarà loro tolto: il riferimento è evidentemente al venerdì santo, quando Gesù, morto sulla croce, verrà nascosto nel sepolcro. Non a caso, ogni anno ancora oggi la Chiesa celebra il secondo giorno del triduo pasquale con il digiuno. Ma poi anche tutta la storia dopo Cristo non è forse un tempo di digiuno? Il Signore infatti ci è stato tolto: la vita di fede di ogni cristiano è anche solo la ricerca dell’Amato perduto (Ct 5,8).
A Messa, durante la distribuzione dell’Eucarestia, il tabernacolo è vuoto, emblematica testimonianza di un’assenza, di un non ancora. Come nei discepoli di Èmmaus, la presenza del Risorto ci è sottratta, contratta nel pane spezzato (Lc 24,31).
Anche quello della Chiesa dunque è un tempo di digiuno, ma è un digiuno diverso, nuovo: c’è bisogno di otri nuovi per il vino nuovo. Il digiuno è espressione del fatto che un altro è il cibo che cerchiamo: la comunione con lo Sposo, il banchetto di nozze. Ora, egli non c’è; tuttavia, contrattosi nel pane eucaristico, è in coloro per i quali quel pane è spezzato e donato. L’assenza si trasmuta in una nuova forma di presenza, più misteriosa ma più profonda: Colui che, facendosi carne, è vissuto in mezzo agli uomini, fuori di loro, davanti ai loro occhi, ora è dentro gli uomini, loro stesso corpo. Ecco dunque il digiuno dei cristiani, tanto nuovo e tanto antico: amare i fratelli di vero cuore (1 Pt 1,22) e farsi amare, servirli (Gv 13,14) e lasciarsi servire, perdonarli (Mt 18, 22) e chiedere il loro perdono, e così trovare Cristo. Davvero chi ama, conosce Dio (1 Gv 4,20-21).

Massimiliano Zupi: