«La messe è abbondante»«Messis quidem multa»
Giovedì 1 ottobre – XXVI settimana del tempo ordinario – Lc 10, 1-12
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai no-stri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città».
Il commento di Massimiliano Zupi
La messe è molta, moltissima: è l’umanità intera. Ora, però, la messe è il grano maturo, pronto per essere raccolto. Ebbene, l’umanità è forse pronta? Ha dato il suo frutto? Del resto, Gesù stesso, in questa istruzione impartita ai settantadue inviati ad annunciare il vangelo, preavvisa loro che avrebbero sperimentato il rifiuto, la non accoglienza. Ancora di più, i pochi operai trovati ed inviati sono paragonati ad agnelli mandati in mezzo ai lupi: altro che messe matura! Il mondo è un covo di lupi. La cronaca di ogni generazione lo sta a confermare con fin troppa evidenza e tristezza.
L’umanità dunque è una spelonca di ladri ed assassini (Lc 19,46), adultera e perversa (Mt 12,39). Eppure una simile consapevolezza non frena Gesù: egli, si dice nel primo versetto, va in ogni città e luogo. Del resto, non sta andando diritto incontro alla croce? Lì accoglierà e prenderà su di sé definitivamente ogni nostra infedeltà e malizia. Gesù è il sì di Dio all’uomo: per questo ai settantadue ordina di annunciare a tutti che il regno di Dio è vicino, anche a quanti rifiuteranno la pace. Egli è tutto e solo sì (2 Cor 1,19-20). Guarda chi lo tradisce, e dice sì: per Giuda intingerà il boccone (Gv 13, 26).
Fissa lo sguardo su chi lo rinnega, Pietro, e lo ama (Lc 22,61). Guarda la prostituta e la perdona (Gv 8,11). Guarda il malfattore crocifisso accanto a lui e gli promette il paradiso (Lc 23,43). Per questa sua capacità di vedere il bene negli uomini, malgrado ogni nostra opacità, è Dio e non uomo: come un contadino, vede la messe già matura anche guardando solo un campo ancora da seminare, ma dalla buona terra (Gc 5,7). E noi tutti siamo terra buona, creati da Dio (Gn 1,27.31; 2,7-15)!
Gli apostoli possono affrettare il raccolto, la venuta del regno, proprio perché inviati come agnelli: non condannano nessuno, non convincono con discorsi intelligenti, non hanno mezzi per organizzare grandi missioni ed attività. Le loro uniche armi sono quelle possedute dagli agnelli appunto: povertà e debolezza, mansuetudine e mitezza. Non fanno paura a nessuno, non hanno forza per persuadere né virtù da insegnare. Al contrario, sono deboli e bisognosi: ma proprio per questo rappresentano un invito per tutti gli uomini ad accoglierli, a prendersi cura di loro, ad amarli; a scoprire la terra bella che tutti sono, a sperimentare di avere in sé la capacità di portare frutto e dare vita (Ez 47,12), a immagine di Colui dal quale sono stati creati. I settantadue ricevono il potere di guarire i malati solo in virtù del loro essere inviati quali agnelli. Per lo stesso motivo, Dio ha scelto di venire in mezzo a noi come un Bambino: il bambino infatti, come l’agnello, è colui che non giudica né incute timore a nessuno, ma stimola chiunque a mettere in atto il potenziale di amore, di accoglienza e di cura, che ciascuno porta dentro di sé. È questa la venuta del regno, la guarigione dalla nostra malattia.