«Chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!»
«Qui venit ad me, non esurĭet; et, qui credit in me, non sitĭet umquam»
Martedì 28 aprile 2020 – Terza Settimana di Pasqua – Gv 6,30-35
In quel tempo, la folla disse a Gesù: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo (cfr. Es 16, 15)». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».
Massimiliano Zupi
La dichiarazione di Gesù è un invito irresistibile: promessa di un cibo capace di saziare definitivamente ogni nostra fame, promessa di una bevanda che disseti ogni nostra sete. Tuttavia, proprio perché smisurata, non sarà una promessa menzognera, che non può mantenere quello che assicura? In effetti, l’esperienza umana è opposta: qualunque alimento, in qualsiasi quantità e per quanto squisito, sazia per breve tempo. La fame ritorna, certa come il sorgere del sole ed il calare della notte; anzi, con la ripetizione spesso subentra l’abitudine: con il tempo, quel cibo non sembra più così succulento come all’inizio. Non capita così anche con l’amore? L’entusiasmo e la sovrabbondanza di energie che caratterizzano l’innamoramento hanno la durata di una stagione: la freschezza è propria solo del mattino; al pomeriggio il pane ha perso già la sua fragranza. Perché questo pane del cielo dovrebbe essere diverso? Il fatto è che il pane di Dio, anziché essere trasformato in noi, ci trasforma in lui: e chi è Dio? È acqua che scroscia, è sole che irradia, è profumo che si effonde. Di questo abbiamo bisogno! Non di cibo che ci riempia ed appaghi la fame: essa ritorna, come buco nero che tutto fagocita. Abbiamo bisogno piuttosto di un pane che trasformi la fame in oblazione. C’è una sorgente zampillante dentro di noi (Gv 4,14): occorre che qualcuno la liberi. Dio si fa pane e si offre per noi: affinché scopriamo che l’unico modo per saziarci è paradossalmente farci pane e offrirci a nostra volta.