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Egli pose loro questa domanda: “Le folle, chi dicono che io sia?”

«Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. “Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto”» «At ille incrĕpans illos praecēpit, ne cui dicĕrent hoc, dicens: “Oportet Filĭum homĭnis multa pati”»

Venerdì 25 settembre – XXV settimana del tempo ordinario – Lc 9, 18-22

Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

Il commento di Massimiliano Zupi

Dopo il mancato riconoscimento da parte di Erode, nel Vangelo di ieri (9,9), e delle folle, all’inizio di quello di oggi, Pietro per primo riconosce finalmente chi sia Gesù: il Cristo di Dio. Ci aspetteremmo un’accoglienza entusiastica da parte del Maestro ed invece egli rimprovera i suoi discepoli. «Ordinò loro severamente» nell’originale greco, infatti, è «epitimésas autõis», «li rimproverò»: è lo stesso verbo con il quale Gesù si rivolge ai demòni (Lc 4,35)! Perché?

Perché nel riconoscimento di Pietro si annida l’inganno di satana: farci credere a un Dio a misura della nostra immaginazione, potente, che schiacci i cattivi con la sua forza insuperabile. Per questo, subito dopo, Gesù aggiunge che il Figlio dell’uomo deve molto soffrire. È l’esorcismo più difficile a compiersi: far accettare che diventare come Dio comporti passare per la sofferenza. Dio è amore: la sua forza consiste nel prendere su di sé il ma-le di coloro che ama.

La sofferenza non è un’esperienza alternativa rispetto alla gioia, alla vittoria, al regno; al contrario, è la via necessaria – «il Figlio dell’uomo deve soffrire molto» – per giungere alla pienezza di vita, alla vita di Dio: perché si ha vita nel dono totale di sé, dono che, quando il proprio amore sia rifiutato, non corrisposto, assume appunto la forma della sofferenza. È il cammino di comprensione del mistero di Cristo che Pietro, ed ognuno di noi con lui, è chiamato a compiere e potrà concludere solo là, ai piedi della croce, dove Gesù svelerà pienamente la propria identità, di un Dio che ama prendendo su di sé il male di chi lo rifiuti (Lc 22,61).

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