Ecco cosa significa vivere l’Avvento

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«Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme» «Et egrediebātur ad illum omnis Iudaeae regĭo et Hierosolymītae universi»

Domenica 6 dicembre – II settimana di Avvento – Mc 1, 1-8

Il commento di Massimiliano Zupi

L’Avvento è tempo di attesa. Attendere significa vivere sbilanciati in avanti: il presente è sacrificato al futuro, il qui ed ora al non-ancora, lo iam al nondum, la terra che è sotto ai nostri piedi alla linea dell’orizzonte che è davanti ai nostri occhi. Così tutti gli abitanti di Gerusalemme e della Giudea lasciano la città santa e la regione santa per andare nel deserto, ai confini della terra pagana. Tutti si muovono sull’esempio di Giovanni Battista: egli ha dismesso gli abiti civili per rivestirsi di peli di cammello; ha rinunciato al cibo degli uomini per nutrirsi solo di cavallette e miele selvatico, ovvero, nella simbologia veterotestamentaria, della Parola di Dio stessa.

Vivere l’Avvento significa assumere uno stato di straniamento: essere in questo mondo, ma senza essere di questo mondo; vivere su questa terra, ma non sentire nessuna città come la propria patria. Essere cristiani significa essere pellegrini (1 Pt 1, 1): vivere ai margini, nei sobborghi, sulla soglia, sempre in cam-mino verso una terra promessa, che è oltre il mare. Questa condizione di marginalità non è tuttavia uno stato di alienazione o di coscienza infelice; è piuttosto non-adesione alle strutture di in-giustizia e di peccato di questo mondo.

Essere cristiani significa essere profeti di terra nuova e cieli nuovi (Ap 21,1): profezia del regno dei cieli che avviene però paradossalmente immergendosi nelle acque del Giordano, radicandosi in questa terra, perdendosi per questo mondo di peccato, ovvero dando la propria vita per esso, amandolo così com’è fino alla fine (Gv 13,1). Gesù, facendosi uomo e obbedendo sino alla morte, e alla morte di croce (Fil 2,7-8), è stato il profeta, modello di ogni autentica profezia: profezia che denuncia il peccato prendendolo su di sé, realizza il regno dei cieli immergendosi nella terra.

Massimiliano Zupi: