«Donna, grande è la tua fede!» «O mulĭer, magna est fides tua!»
Domenica 16 agosto – XX settimana del tempo ordinario – Mt 15, 21-28
In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna −, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.
Il commento di Massimiliano Zupi
Il Vangelo di oggi è un’icona dell’incontro di Gesù con i pagani, al di fuori di Israele: è la condizione di tutti i cristiani, che a partire dal secondo secolo non provengono più dalla casa di Israele. Il compito sarà svolto non da Gesù − egli infatti, nei pochi anni della sua predicazione, non poté rivolgersi che al popolo della promessa, al quale apparteneva − ma dai suoi discepoli, primo fra tutti da san Paolo.
Come dunque noi che non siamo ebrei possiamo incontrare Gesù? Del resto, di contro alla non-fede dei Nàzareni (Mt 13,58) e alla poca-fede dei discepoli (Mt 14,31), «grande è la tua fede!», esclama Gesù rivolgendosi alla cananea: come ella ha potuto accedere alla fede in Cristo?
Anzitutto, l’iniziativa è di Gesù. È lui che si ritira nella regione di Tiro e Sidòne, in terra pagana: come seme, egli ormai è nascosto in ogni terra, in ogni cuore, in attesa di poter crescere e portare frutto (Mc 4,3). Ma qual è la terra buona nella quale il seme potrà attecchire e sviluppare? Paradossalmente, è la terra arida!
Quella madre infatti non ha nessun merito, nessun titolo; anzi, tutto il contrario: è donna e pagana! Ciò che la fa rivolgere a Gesù è la sua indigenza. Ha un male da cui sente il bisogno di essere guarita: sua figlia, cuore del suo cuore, è posseduta da un demonio.
Vorremmo fiorire, ma siamo impediti: le nostre relazioni d’amore si impigliano in nodi che non sappiamo sciogliere. Il grido della donna quindi si semplifica, si essenzializza: «Aiutami!». Il movimento della fede, da parte dell’uomo, e parte homĭnis, prende le mosse dal bisogno di essere salvati: beati i poveri (Mt 5,3)! La nostra povertà sono le mani a calice che possono ricevere il pane del cielo, la manna che sazia e guarisce (Gv 6,48-50).
In effetti, prima di ricevere il pane eucaristico, la donna, come ancora noi oggi a Messa, riconosce la sua indegnità: sa di non essere degna di ricevere il pane dei figli (Mt 8,8). Esso è puro dono: ma proprio per questo salva. Non siamo degni di essere chiamati figli: ma proprio così possiamo essere rivestiti dell’abito più bello ed accedere alla festa (Lc 15,21-22). La fede prende avvio dal riconoscimento di aver contratto un debito per noi irrisolvibile: e si compie nella gioia di constatare che esso ci è condonato gratuitamente ed integralmente (Mt 18,24-27). «Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo sia-mo realmente!» (1 Gv 3,1).