«Beati i poveri in spirito, / perché di essi è il regno dei cieli. […] Beati i perseguitati per la giustizia, / perché di essi è il regno dei cieli» «Beāti paupĕres spirĭtu, quonĭam ipsōrum est regnum caelōrum. […] Beāti, qui persecutiōnem patiuntur propter iustitĭam, quonĭam ipsōrum est regnum caelōrum»
Domenica 1 novembre – Solennità di tutti i Santi – Mt 5, 1-12
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
Il commento di Massimiliano Zupi
Oggi la Chiesa festeggia i santi: i beati per antonomasia, coloro che stanno bene, secondo l’etimologia latina del termine, coloro che sono grandi, secondo quella greca. Nell’immaginario comune, tuttavia, la beatitudine dei santi rischia di essere intesa ancora in modo umano, troppo umano, per dirla con Nietzsche, e poco evangelico: li immaginiamo beati perché hanno guadagnato il premio, ricevuto la corona, circondati di gloria e di onori, acclamati.
Leggendo il Vangelo, abbiamo però una prima sorpresa: il regno dei cieli è dei beati, al presente e non al futuro; i santi insomma, in quanto tali, sono stati beati già su questa terra, prima di ricevere qualunque altro premio nei cieli. Ed ecco la seconda sorpresa, superiore alla prima: i beati, coloro ai quali appartiene già ora il regno dei cieli, i santi appunto, sono i poveri ed i perseguitati (le altre sei beatitudini invece sono tutte al futuro). I poveri (in spirito, aggiunge Matteo): coloro che sono privi di ogni fama e ricchezza mondana, coloro che sono ai margini; se anche qualche santo avesse avuto successo già in questa vita (per esempio, Francesco d’Assisi o Madre Teresa di Calcutta, per citarne due tra i più noti), non è tuttavia in quel successo che consistette la loro beatitudine. I perseguitati: non solo dunque coloro che sono privi di qualcosa, bensì i percossi, colpiti, bastonati.
Ma come è possibile essere beati, se si è poveri e perseguitati? Forse nella misura in cui la povertà e la persecuzione diventino occasione per fare di sé stessi dono. E chi dona sé stesso, si riceve in dono: facendosi pane, si diventa infatti una cosa sola con tutti coloro per i quali ci si è spezzati. È come il vasetto di alabastro: una volta infranto, profuma tutta la casa (Mc 14,3). È come le foglie della palma: una volta tagliate, diventano il tronco dell’unico albero. I santi, proprio in quanto vasetti rotti, hanno profumato il mondo; in quanto tagliati, sono diventati il tronco sul quale anche noi possiamo crescere.