«Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?» «Amīce, quomŏdo huc intrasti, non habens vestem nuptiālem?»
Domenica 11 ottobre – XXVIII settimana del tempo ordinario – Matteo 22, 1-14
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Il commento di Massimiliano Zupi
Ma che cos’è questo abito nuziale? Buone azioni od un buon cuore, una specie di karma? No; del resto, sono invitati volutamente tutti, «cattivi e buoni». Il re non sembra pretendere nulla: tutto è già pronto, chiede solo di accettare l’invito ed an-are. È tutto gratis: ecco, questa veste nuziale è piuttosto soltanto la grazia, una grazia accolta. Maria, tra tutte, ne è rivestita: ella è la «piena di grazia» (Lc 1,28).
«Grazia» è un vocabolo specifico del Nuovo Testamento. Cháris in greco ha molteplici significati: «gioia», «perdono», «bellezza», «riconoscenza». Anche la lingua italiana conserva gli ultimi tre significati nella parola «grazia», e l’ultimo nel derivato «grazie». Essere pieni di grazia, dunque − essere rivestiti dell’abito nuziale − significa tutto questo: riconoscersi peccatori perdonati; con i propri difetti, percepirsi tuttavia belli agli occhi di Dio; sentirsi riconoscenti per il suo amore incondizionato e sentire la sua stessa riconoscenza; gioire di tutto ciò, della gioia stessa di Dio. I primi invitati, che hanno rifiutato, sono tornati al proprio campo e ai propri affari: erano preoccupati delle loro proprietà e dei loro soldi, delle loro cose, di ciò che garantiva loro la vita.
Non avere l’abito nuziale è proprio questo: cercare di bastare a sé stessi, di cavarsela da soli, di guadagnarsi un pane di fatica. Il banchetto è per le nozze del figlio del re. Ma qual è la sposa? È l’umanità intera; siamo tutti noi, invitati, come Maria, a rivestirci dell’abito nuziale: ad ammantarci di perdono ed amore incondizionato, ad accettare che tutto sia dono gratuito, a ricevere il pane nel sonno (Sal 127/126,2).