«Alzati e mettiti qui in mezzo!»

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«Tendi la tua mano!»
«Extende manum tuam»

XXIII Settimana del Tempo Ordinario – Lc 6,6-11

Un sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo. Ma Gesù conosceva i loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati e mettiti qui in mezzo!». Si alzò e si mise in mezzo. Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?». E guardandoli tutti intorno, disse all’uomo:«Tendi la tua mano!». Egli lo fece e la sua mano fu guarita. Ma essi, fuori di sé dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.

Commento di Massimiliano Zupi

Nei versetti immediatamente precedenti, si racconta come, sempre in giorno di sabato, i discepoli avessero raccolto e mangiato le spighe, sfregandole con le mani (Lc 6,1). La messe era matura ed il banchetto pronto: è tempo ormai per l’uomo di essere signore del sabato, di entrare nel riposo di Dio (Eb 4,11), nella sua gioia. Oggi invece, nella sinagoga, dentro la casa della Parola del Signore, c’è un uomo con la mano destra paralizzata: egli non può raccogliere le spighe né quindi mangiare; non può partecipare alla festa dei discepoli. È la verità di ogni uomo religioso, che sia di casa nella sinagoga o nella parrocchia: pur con tutta la sua osservanza e devozione, non riesce ad entrare nel regno, non può raggiungere Dio. Desidera il bene e la vita: la sua esistenza tuttavia rimane paralizzata, inaridita, incapace di amare e gioire. La risposta alla domanda di Gesù è scontata: è ovvio che si possa sempre fare il bene e salvare una vita, tanto più nel giorno del Signore.
Il problema è che non ci riusciamo! Il comando seguente, poi, preso alla lettera, è manifestamente assurdo: come può quell’uomo stendere la mano, dal momento che è paralizzata? È come dire ad un paralitico di camminare, o ad un morto di alzarsi. In effetti, però, è proprio quello che accade nei miracoli (Lc 5,24; 7,14): ora, da dove proviene un simile potere a Gesù? Come fa? Egli è Dio, certo: può tutto.
Tuttavia questa concezione dell’onnipotenza divina è molto umana, anzi satanica, e per niente evangelica: nei Vangeli, infatti, Dio mostra piuttosto la sua potenza attraverso la debolezza dell’amore, sulla croce. E questo miracolo non fa eccezione. A guardare bene, Gesù comanda, all’uomo da guarire, di mettersi in mezzo; ma poi è lui stesso a stare al centro, tra coloro che vogliono metterlo a morte: si dice infatti che, prima di ordinare all’uomo di stendere la mano, li guardò tutti intorno – segno evidente che egli era al centro. All’uomo quindi comanda appunto di stendere la mano: come avrà fatto? Ma di chi era quella mano? Era la mano paralizzata e/o la mano di Gesù, stesa ed inchiodata sulla croce? Tutto il brano, in effetti, è giocato su una sovrimpressione, tra l’uomo dalla mano inaridita e Gesù: egli prende su di sé il nostro male, senza restituircelo (1 Pt 2,23-24), anzi perdonandoci (Lc 23,34) e amandoci fino alla fine (Gv 13,1); solo così può guarirci dalla paralisi, che ci impedisce di mangiare, ed insegnarci ad amare, affinché riceviamo vita, e vita in abbondanza (Gv 10,10).

Massimiliano Zupi: