Un “attacco kamikaze” contro due sedi del ministero degli Esteri saudita è stato sventato a Riad. Lo hanno annunciato le stessi autorità locali, sostenendo che l’attentato era in preparazione da parte di due “terroristi yemeniti” del sedicente Stato Islamico. Lo riferisce il quotidiano panarabo-saudita ash Sharq al Awsat, citando il neonato Ufficio della Sicurezza nazionale presieduto dal principe ereditario Muhammad ben Salman. Il giornale cita anche “fonti ufficiali” secondo cui lo stesso ufficio per la Sicurezza nazionale ha scoperto l’attività di una “cellula” legata a “entità straniere” e che mirava a “creare caos nella società saudita”. Le fonti non precisano di quali “entità straniere” si tratti ma in passato questi riferimenti erano diretti all’Iran, arcinemico del regno arabo del Golfo. E’ impossibile verificare in maniera indipendenti le affermazioni delle autorità saudite.
Di certo l’emergenza terrorismo riguarda tutta l’area del Medio Oriente e del Mediterraneo orientale. Lo dimostra l’operazione anti Isis andata in scena nella notte a Istanbul. L’antiterrorismo turca ha arrestato 25 persone, tra cui 22 stranieri, sospettati di legami con l’Isis. I 3 turchi sono accusati della preparazione di attacchi nel Paese e del reclutamento di foreign fighters da inviare nelle zone di conflitto in Siria e Iraq, dove sarebbero stati destinati anche gli stranieri finiti in manette. Le procedure per la loro estradizione sarebbero già iniziate. Nei blitz, compiuti in 3 diversi indirizzi, sono stati sequestrati documenti e materiale digitale.
In Siria, intanto, le truppe governative hanno conquistato l’85% del territorio che era in mano agli estremisti. Lo sostiene il generale russo Aleksandr Lapin, sottolineando che gli uomini di Assad devono ancora strappare ai miliziani 27.000 chilometri quadrati di territorio. La Russia, alleata di Assad, fornisce appoggio alle forze armate siriane con la sua aviazione. Le truppe siriane, col sostegno di combattenti iraniani, hanno recentemente cacciato i miliziani dell’Isis dalla provincia di Homs, vicino al Libano, e combattono ora nella provincia orientale di Deir el-Zour, ricca di giacimenti petroliferi.