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Cooperative: quella spasmodica corsa al taglio dei costi a scapito dei lavoratori

La tragica morte del sindacalista Adil Belakhdim, coordinatore dei Si Cobas di Novara, 37enne, cittadino italiano di origini marocchine, investito durante un picchetto sindacale da un camion davanti ai cancelli della Lidl di Biandrate, nel Novarese ha portato sulle prime pagine dei siti web e dei giornali (purtroppo solo per poche ore) una serie di questioni che si ripetono ormai da troppo tempo.

La logistica è un settore complesso, che si è sviluppato tantissimo negli ultimi anni ma non evoluto come dovrebbe in una economia moderna, almeno in Italia. Dietro a questa gravissima vicenda ci sono questioni che si trascinano da anni senza soluzione: le cosiddette cooperative spurie, la difficoltà di organizzare il sindacato nel settore, lo scarso feeling tra cooperazione e sindacato, nonostante le comuni radici storiche e la spinta che il sindacato ha dato alle cooperative del settore fin dal dopoguerra, gli appalti e i subappalti al massimo ribasso, i subappalti dei subappalti, il disinteresse delle imprese per tutto il sistema che porta la merce fin negli scaffali, in parallelo a quello dei consumatori interessati solo al prezzo più basso, il massiccio ingresso di extracomunitari costretti a salari più bassi ma spesso strumentalizzati con il caporalato, scontri tra gruppi etnici e tra essi e gli italiani, il non rispetto dei contratti di lavoro stipulati dai sindacati di categoria della Cgil, Cisl, Uil, le frizioni e la concorrenza tra sindacati confederali e quelli di base. Probabilmente se ne potrebbero aggiungere altri per ciascun caso specifico.

Se nella logistica si possono fare azioni dimostrative come il picchettaggio per bloccare i magazzini, problemi simili ed altrettanto gravi vi sono nel settore delle pulizie. Sinteticamente, sorvolando su disquisizioni tecniche, potremmo dire che fin quasi all’inizio di questo secolo aveva retto un sistema basato sui cosiddetti salari convenzionali, definiti spesso a livello provinciale con accordi siglati in prefettura, per i soci di cooperative di trasporto, facchinaggio e pulizie; sistema che doveva essere pian piano superato portando la contribuzione pensionistica al livello ordinario. Questo passaggio di fatto non c’è stato per una spasmodica corsa al taglio dei costi, a scapito proprio dei lavoratori, che nel caso del trasporto, facchinaggio e pulizie sono l’ultimo livello, dove si scaricano gli effetti negativi del sistema malato.

Se quando compriamo la merce dal supermercato o da un negozio non vediamo direttamente il fenomeno, quando invece facciamo acquisti online o con i rider siamo in qualche modo anche noi promotori di questo meccanismo distorto. Purtroppo non bastano le leggi o altre normative pubbliche a risolvere il problema. La cooperazione è forse il settore economico più regolato tuttavia proprio giocando sulla sovrapposizione dei ruoli tra socio e lavoratore si trovano diverse situazioni di sfruttamento.

Nell’ultimo incontro dell’Osservatorio nazionale della cooperazione, pur in presenza di una forte riduzione delle ispezioni a causa della pandemia, vi è stato un tasso di irregolarità pari al 78% delle cooperative ispezionate. Naturalmente non tutte le cause di irregolarità sono gravi, però è evidente che il dato è altissimo. Queste cooperative sono in moltissimi casi al servizio delle imprese ordinarie, a cominciare dalla classica somministrazione irregolare di manodopera; non è quindi sulla cooperazione in sé che si devono gettare le colpe, però probabilmente è la forma più usata per abbassare i salari e le tutele dei lavoratori, e sicuramente lo è nella logistica e affini. Come uscirne? Intanto occorre fare in modo che le imprese capofila si facciano carico di verificare cosa succede anche nella filiera della logistica, non basta limitarsi ad ordinare la merce e volerla entro tempi certi, magari prevedendo delle penali per i ritardi. Se le grandi catene di distribuzione hanno organizzato filiere certificate per i prodotti bio, forse potrebbero fare lo stesso per certificare che le persone coinvolte nella catena della produzione e distribuzione siano pagate il giusto, compresi gli oneri sociali.

D’altronde se dietro un prodotto certificato biologico ci fosse lo sfruttamento dei lavoratori la qualità del prodotto sarebbe di molto inferiore alle premesse. Sempre ragioni di costo ci sono dietro la somministrazione irregolare di manodopera attraverso cooperative spurie. Qui si aggiunge anche un approccio negativo di una certa cultura verso le agenzie di somministrazione, che tuttavia rispettano pienamente i contratti di lavoro del settore di utilizzo e negli ultimi anni hanno costruito anche un sistema importante di welfare per i lavoratori della somministrazione. Non da ultimo l’esplosione negli ultimi anni di contratti di lavoro firmati da associazioni datoriali e sindacali prive di reale rappresentatività; al Cnel ormai se contano complessivamente oltre 800.

Il sindacato da tempo ha chiesto di riformare la legge 142/2001, distinguendo il ruolo del socio da quello di lavoratore e di rafforzare ed armonizzare le cosiddette revisioni cooperative con le ispezioni del lavoro, proprio al fine di combattere le cooperative spurie. Non possiamo inoltre tacere che nonostante i diversi accordi tra le tre maggiori centrali cooperative ed i tre sindacati confederali, nel settore della cooperazione ancora non si applica pienamente lo statuto dei lavoratori.

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