Se ne va un altro del nostro calcio, quello più bello per i nostalgici di un pallone fatto di passione e sentimenti. Azeglio Vicini è morto a Brescia. Avrebbe compiuti 85 anni nel prossimo marzo. Calciatore ma soprattutto allenatore di grande qualità. È stato il commissario tecnico della nostra Nazionale dal 1986 fino al 1991. Era nato a San Vittore di Cesena il 20 marzo del 1933, ma viveva da oltre 50 anni a Brescia. Lo piange l'intero mondo del calcio.
Il ricordo più bello legato a Vicini è quello del Mondiale del '90, giocato in casa che ci fruttò un terzo posto nella finalina vinta contro l'Inghilterra. E' stato l'uomo che ha lanciato Totò Schillaci e grazie a lui vivemmo notti magiche che la Nannini cantò nell'inno azzurro ma che furono suffragati da un mondiale straordinario. Una straordinaria galoppata, interrotta maldestramente in semifinale, persa al San Paolo di Napoli contro l'Argentina alla quale si arrese solo ai calci di rigore. Proprio il non essere arrivato alla finale dell'Olimpico fu il suo più grande rammarico. Lo disse apertamente in occasione della festa per i suoi 80 anni. Disse: “Ho raggiunto un bel traguardo, e sono soddisfatto della mia vita, ho avuto momenti felici e altri meno, ho ricoperto incarichi importanti, comunque sia mi sono proprio divertito. Quel Mondiale avremmo meritato di vincerlo, siamo stati solo sfortunati. Noi non perdemmo mai sul campo, abbiamo ottenuto sei vittorie e un pareggio e arrivammo terzi mentre l'Argentina fu sconfitta due volte e andò in finale a Roma poi persa contro la Germania. Però sono felice per quello che abbiamo dato agli italiani perché li conquistammo tutti in quelle notti magiche e il loro affetto fu travolgente”.
Personaggio straordinario, semplice, umile, una carriera tinta di azzurro dove era entrato già nel 1969 come responsabile dell'Under 23 e successivamente dell'Under 21. Con gli azzurrini debuttò nel '69, 1-0 sulla Romania, andando vicino alla conquista del titolo Europeo nell'86, dove fu battuto soltanto ai calci di rigore dalla Spagna. In carriera ha ottenuto due bronzi all'Europeo dell'88 e poi al Mondiale '90. L'esordio in prima squadra l'8 ottobre del 1986 con vittoria per 2-0 sulla Grecia. In azzurro vanta 54 partite confortate da 32 vittorie, 15 pari e 7 sconfitte, con 76 gol all'attivo e 24 subiti. Chiuse il 15 ottobre del '91 dopo il pari con l'allora Unione Sovietica che costò l'eliminazione dalle qualificazioni per l'Europeo del '92.
Riccardo Ferri lo ricorda come una persona dolcissima, sempre a dare una mano ai suoi calciatori. “Una persona stupenda – ha spiegato l'ex difensore dell'Inter – Aveva una capacità innata di gestire il gruppo, ti trasmetteva sicurezza. Non c'erano gli smartphone o i mental coach, era tutto basato sul rapporto umano. Quel Mondiale lo ricordiamo con un filo di amarezza per come è finito, ma con tanto affetto per quanto abbiamo fatto in campo: era un gruppo unito, coeso, con un grande condottiero al quale tutti hanno voluto bene. E per farvi capire chi è stato, vi ricordo come trattò Giannini che nella Roma stava in panchina e attraversava un momento difficile: il ct lo convocava lo stesso e lo faceva giocare, facendogli sentire la fiducia. E Giannini si riconquistò un posto anche nella Roma“.
Toccante anche il ricordo di Walter Zenga: “Voglio pensare che da lassù continuerai a seguirci a guidarci e a darci quegli insegnamenti che, solo tu, sapevi infonderci”. Uno degli uomini più nobili del nostro calcio, come lo sono stati Enzo Bearzot e Cesare Maldini, che ci hanno abituato a vincere, a godere del bello del nostro calcio conquistando, tra l'altro, il trionfo di Madrid nell'82 contro la Germania. Il bello di un calcio che era passione, amore, profumo di colori. Per questo ci resta più difficile dare l'addio ad Azeglio Vicini. Ci mancherai mister, ma soprattutto conserveremo in etermo i tuoi insegnamenti che valgono molto di più di un trofeo non conquistato.