La Ferrari inizia il nuovo anno con l'obiettivo di rinnovarsi e far meglio di quello precedente, iniziato con grandi prospettive e concluso con l'amara constatazione di una Mercedes sì ancora su ben altri standard, ma con la sensazione che la distanza fra le due vetture non fosse così netta. Ora, trascorse le festività natalizie con una serie di interrogativi ai quali dare risposta, a Maranello arriva anche un cambio di pagina che, forse, non era poi così inatteso: Maurizio Arrivabene saluta, lasciando il posto all'attuale direttore tecnico Mattia Binotto, per una rivoluzione, per così dire, “fatta in casa”. I rapporti fra il team principal uscente e la Ferrari erano dati in fase di collisione da tempo e il mancato rinnovo del contratto ha messo il punto su una collaborazione che, solo poco tempo fa, appariva tutt'altro che in bilico. Ora, a due mesi dal via del nuovo Mondiale di Formula 1, a Maranello va in scena un rinnovamento in toto, con il cambio di marcia che inizia dai vertici del team.
Rapporto concluso
Si chiude in modo amaro una storia, quella di Arrivabene, durata 4 anni e fatta di alterne fortune, e solo da un punto di vista qualitativo perché, a livello di titoli, è dal 2008 che in Ferrari non si mette nulla in bacheca (l'ultimo fu il Mondiale costruttori nel 2008, prima di cedere il passo all'interregno della Brawn e a quelli ben più lunghi di Red Bull prima e Mercedes poi). Nonostante questo, sull'interruzione dei rapporti con Arrivabene potrebbe aver pesato proprio l'andamento degli ultimi due Mondiali, nei quali la macchina sembrava in grado di competere con le Mercedes o, perlomeno, di giocarsi il titolo fino all'ultimo, come accaduto sotto la gestione di Domenicali e con una vettura ritenuta meno competitiva, all'epoca (2012 e 2013) affidata a Fernando Alonso.
La mission
Tutto in mano a Binotto ora, ferrarista di lungo corso (approdato a Maranello nel 1995) e approdato al top dopo una lunga gavetta. A lui, che Marchionne aveva già individuato come possibile uomo del futuro, il compito difficile di riportare il titolo in Ferrari (quello Piloti manca addirittura dal 2007) e rinsaldare, da ingegnere, l'asse fra team e piloti, oltre che infondere in Vettel una nuova fiducia in vista dell'atteso Mondiale 2019, quello che dovrà azzerare il margine di 88 lunghezze del 2018 (sicuramente meno veritiere rispetto alla loro portata) e riportare la Ferrari finalmente ai vertici.