Una vera e propria notte degli Oscar quella andata in scena a New York, a conclusione della stagione 2016-2017 di Nba che ha visto trionfare i Golden State Warriors di Curry, Durant e Iguodala. Protagonista assoluto della serata, però, è stato il fenomeno dei Thunder Oklahoma City, Russell Westbrook, vero e proprio “mister tripla doppia” in regular season: addirittura 42 quelle realizzate, tante da frantumare il record di Oscar Robertson, scolpito negli annali della pallacanestro a stelle e strisce dal 1961-62. Ma non solo: a costellare la stagione da paura di Westbrook, anche una media sensazionale di triple doppie, con 31,6 punti, 10,7 rimbalzi e 10,4 assist. Numeri strepitosi che, con buona pace dei pur ottimi James Harden (Houston) e Kawhi Leonard (San Antonio), sono valsi al fuoriclasse di Long Beach la palma di Mvp della Nba, assegnata da una giuria di 100 giornalisti.
Westbrook: “Lo dicevo per scherzo…”
Nonostante il look anticonvenzionale e l’aria da duro, Russell si scioglie sul palco, commuovendosi visibilmente alla consegna dell’ambitissimo premio: “Ricordo – ha successivamente detto in conferenza stampa – quando da bambino giocavo ai videogame con mio padre, dicendogli che volevo diventare Mvp. Lo dicevo per scherzo e ora, invece, ho il trofeo qui accanto a me. È incredibile, non avrei mai potuto immaginarlo. Lo devo alla mia famiglia, faccio tutto per loro, loro sono le emozioni che metto ogni volta in campo: la mia famiglia ha sacrificato così tanto per farmi arrivare qui che ringrazio continuamente per averli avuti”. Il giusto riconoscimento per una stagione pazzesca, disputata in un team che non è riuscito a raggiungere le 50 vittorie (Westbrook è il primo Mvp scelto da una squadra senza tale requisito) e, soprattutto, orfana di Kevin Durant, andato in California a prendersi la gloria e lasciando una piazza quantomai offesa dal suo addio. A quietare gli animi ci ha pensato proprio Russ che, spazzando via ogni rimpianto della tifoseria, ha polverizzato record su record andando a fregiarsi del titolo di “migliore di tutti”, senza dimenticare però i meriti dei suoi avversari: “Con Kawhi e James siamo grandi amici: hanno entrambi giocato una stagione fantastica”.
Gli altri premi
Per gli Houston Rockets è una delusione mitigata quella per il mancato premio ad Harden: ad aggiudicarsi la palma del miglior allenatore, infatti, è stato proprio il coach dei texani, Mike D’Antoni. A lui si è affiancato Eric Gordon, guardia dei Rockets, al quale è andato il premio per il miglior sesto uomo. Premiato anche Giannis Antetokounmpo, dei Milwaukee Bucks, protagonista di una stagione in netta ascesa tanto da fargli meritare il titolo di giocatore più migliorato. Soddisfazione, in casa Bucks, anche per Malcolm Brogdon, nominato rookie dell’anno. Ad Isaiah Thomas dei Celtics, autore di una regular season sensazionale in termini di punti realizzati (oltre 20 punti in più di 40 partite consecutive, primo nella storia di Boston a raggiungere tale traguardo), è andato il riconoscimento per l’impegno nella comunità, mentre alla bandiera dei Dallas Mavericks, Dirk Nowitzki, quello per il miglior compagno di squadra. Il premio sportività è andato a Kemba Walker, di Charlotte, mentre il miglior dirigente è Bob Myers, dei campioni di Golden State. Per i Warriors festeggia anche Draymond Green, miglior difensore. Premio importante anche per Monty Williams, al quale è andato il “Sager Strong Award”.