“L’amore per questi colori è partito da mio nonno Gianluca. Purtroppo non sono riuscito a conoscerlo, ma lui ha tramandato la sua passione a mio padre che dopo l’ha trasmessa a mio fratello e me. La Roma era più di una squadra di calcio. Era parte della nostra famiglia, del nostro sangue, delle nostre anime”. Sono le parole di Francesco Totti, lo storico capitano della Roma, apparse quest’oggi su “The Players Tribune”, il sito fondato dalla leggenda dei New York Yankees, Derek Jeter, con l’obiettivo di dare voce agli atleti, senza alcun filtro.
Il numero 10 capitolino, mentre si appresta a giocare la sua ultima stagione da calciatore, ripercorre la sua storia, a partire dall’evento che l’ha indirizzata in maniera determinante, ossia il mancato trasferimento al Milan. “A 13 anni hanno bussato alla nostra porta di casa. Erano i dirigenti del Milan, mi chiesero di andare da loro. Cosa avrei scelto? Beh, non fu una mia decisione, ovviamente – scrive Totti -. Mia mamma Fiorella era il boss, il capo. Lo è ancora. Ed è piuttosto attaccata ai suoi figli, diciamo. Come tutte le mamme italiane, era un po’ iperprotettiva. Non voleva che lasciassi casa per timore che potesse accadermi qualcosa. Disse di no e quella fu la fine. Il mio primo trasferimento fu negato dal boss”. E non fu una decisione presa a cuore leggero.
Quel rifiuto fu “difficile. Avrebbe significato molti soldi per la nostra famiglia. Ma mia madre mi insegnò una lezione quel giorno. Casa è la cosa più importante nella vita – sottolinea il capitano -. Poche settimane dopo la Roma mi fece un’offerta. Avrei indossato il giallorosso”. Colori, questi, da sempre presente nella famiglia Totti: “La Roma era più di una squadra di calcio. Era parte della nostra famiglia, del nostro sangue, delle nostre anime”. Prima di concludere la sua dedica d’amore alla società e alla città che ne ha ospitato i natali, Totti si rivolge ai tifosi: “Quando entrai in campo per la prima partita ero sopraffatto dall’orgoglio di giocare per la mia casa. Per mio nonno. Per la mia famiglia. Per 25 anni la pressione – il privilegio – non è mai cambiata. O vincendo lo scudetto o giocando in Champions League, spero di aver rappresentato e portato i colori di Roma più in alto che potessi. Spero di avervi reso orgogliosi”.
Parole memorabili che i tifosi hanno accolto con grande gioia e soddisfazione. Tuttavia, c’è stato solo un momento in cui Francesco sarebbe potuto andare altrove: “Dodici anni fa pensai di andare al Real Madrid. Quando una squadra di successo, forse la più forte al mondo, ti chiede di andare, ti metti a pensare a come la tua vita potrebbe essere altrimenti. Parlai col presidente e quello fece la differenza. Ma alla fine, parlai con la mia famiglia che mi ricordò cos’è la vita”. Poi, con malinconia, ammette: “Quando guardo indietro nel tempo e quello che perderò, so che quella sarà la routine, la vita di tutti i giorni. Le ore spese ad allenarsi, le chiacchierate nello spogliatoio. Penso che quello che mi mancherà di più è condividere un caffè con i miei compagni ogni giorno. Forse, se tornerò come dirigente un giorno, quei momenti ci saranno ancora. Roma per me è il mondo. Questo club e questa città sono state la mia vita. Sempre”.