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Epopee e valori di uno sport

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Che effetto può fare, a un giovane del web 2.0, trovarsi di fronte a un pallone da calcio? Probabilmente, lo stesso che magari susciterebbe in suo padre, o comunque su coloro che furono ragazzi una o due generazioni prima. Questo perché, volenti o nolenti, il calcio è parte della cultura del nostro Paese, così radicato nel pensiero collettivo che, forse, non è da romantici pensare che una bella partita a pallone eserciti ancora oggi più fascino di un'app sul cellulare. Verrebbe da chiedersi, a questo punto, cosa possa provare un ragazzo del terzo millennio davanti a una sfera di cuoio ricucita alla meno peggio o, ancor di più, a tu per tu con una “palla” di stracci e stoffe tenute insieme da uno spago, ritenuto “il vero cuore” di questo sport: c'è quest'obiettivo e molto altro dietro alla mostra itinerante 'In viaggio con la storia del calcio', promossa dall'Associazione italiana cultura sport (Aics) e presentata presso la sala stampa della Camera dei deputati. Un'iniziativa pronta a viaggiare per il Bel Paese offrendo al pubblico non solo cimeli del pallone che fu, ma una vera e propria “cultura” dello sport, utile per farne riscoprire il valore e l'essenza genuina delle origini.

Fare cultura

Da Padova a Potenza, da Bergamo a Salerno, passando per Cremona, Pisa, Vicenza, Mantova, Ancona, Rieti, Firenze, Napoli, Foggia e Trapani: 15 tappe in 15 città diverse, con le quali condividere il tesoro degli oltre 200 pezzi da collezione fra maglie, palloni e scarpini, tutti rigorosamente originali e testimonianza diretta di uno spaccato della storia del calcio lungo oltre un secolo. La sfera utilizzata per il primo incontro internazionale della storia, quello fra Inghilterra e Scozia del 1872, ma anche le divise indossate da Pelé, Maradona, Cruijff e altri campioni del passato, così come gli scarpini e i palloni di tutti i mondiali di calcio, da Uruguay 1930 a Brasile 2014, uniti in un unico percorso tematico creato allo scopo di stimolare la curiosità del pubblico, adulto e bambino, ma anche di porre l'accento su uno sport che, mai come in questo momento, si intreccia alla perfezione con la storia del nostro Paese: “Promuovere lo sport oggi – ha spiegato il presidente Aics, Bruno Molea – è più che mai promuovere l'educazione, il rispetto per sé e per gli altri, i valori della condivisione e della coesione sociale. E', in due parole, fare cultura”.

Rieducare allo sport

L'idea di un “museo diffuso” non è solo il frutto dell'impegno e della passione di collezionisti come Aldo Rossi Merighi, Renato Mariotti e Luigi Carvelli: portare in giro per l'Italia i ricordi dello sport più amato del mondo rappresenta una condivisione perpetua su un tema che, in modi e misure differenti, va a coinvolgere una fetta decisamente ampia della nostra popolazione, fra giovani e meno giovani. Condivisione quindi memoria e, di conseguenza, riscoperta valoriale in un tentativo encomiabile di ricostruire una cultura dello sport che passi innanzitutto dalla piena comprensione delle tappe storiche che hanno costellato il percorso calcistico dell'Europa, dal 1872 a oggi. E, in un calcio forse snaturato da quelle caratteristiche primordiali che hanno contribuito a renderlo così popolare, è necessario ripartire da due semplici quanto efficaci concetti: regole e cuore. “E' chiaro – ci spiega il dott. Mariotti – che questa è una provocazione: con la mostra itinerante non vogliamo cambiare il modo di vedere il calcio ma far capire fino in fondo che non deve essere visto solo alla televisione. Questo sport deve essere vissuto: i ragazzi e chi deve educarli, devono conoscere perché è nato il calcio, soprattutto quello dilettantistico nel dopoguerra. Oggi, partire dalle scuole è fondamentale: i bambini delle scuole primarie ci hanno ascoltato per giorni senza chiedere mai una volta di giocare, affascinati dai racconti e dai laboratori. Il calcio deve affrontare la stessa sfida dei prodotti tipici: uscire dalla logica del profitto e rieducare ai valori che lo hanno da sempre contraddistinto”. Un'impresa? Forse no, se è vero che l'amore per “il pallone” è parte integrante del nostro essere popolo. Ben vengano, allora, il ricordo e la condivisione fra appassionati, propedeutici non tanto alla creazione di una nuova cultura, quanto di un'educazione a vivere lo sport per ciò che realmente è: impegno, passione e divertimento.

Damiano Mattana: