Ese un giorno su San Siro, per parafrasare una storica canzone di Vecchioni, le luci si spegnessero? Letterlamente, nel senso che lo storico stadio di Milano, il Meazza, la Scala del calcio e via discorrendo, non diventasse altro che un ricordo d'annale? Uno scenario tutt'altro che da escludere, seppure in fase di discussione. Il punto è semplice, e risponde alle logiche del calcio moderno: alzare un fatturato che, nel caso del Milan, non tiene il passo con quello della Juventus. E in questo senso c'entra anche lo stadio e non solo perché la Juventus è l'unica squadra a esser stata in grado di costruirne uno togliendo di mezzo il vecchio, pur glorioso. La questione infatti (per i rossoneri ma anche per l'Inter) riguarda scegliere tra il restaurare l'impianto attuale oppure andare a giocare da un'altra parte, in una struttura di proprietà esclusiva. Argomento tirato nuovamente fuori dal presidente milanista, Paolo Scaroni, il quale non parla tanto dell'addio definitivo a San Siro, quanto della possibilità che, ammodernamento o meno, il Milan possa comunque decidere di andarsene dalla sua Scala: “La disputa ideologica non ci porta da nessuna parte – ha detto Scaroni al Forum del Foglio sportivo -. Non escludo nemmeno che noi ce ne andiamo da San Siro. Non possiamo immaginare di restare in questo stadio per i prossimi dieci anni. Non andiamo da nessuna parte. Se la disputa ci porta a dire non toccate niente, noi ce ne andiamo”.
La strategia
In un momento storico in cui a tenere banco, a intervalli più o meno regolari, è la ormai annosa vicenda dello stadio della Roma, anche in quel di Milano si guarda al lato pratico e Scaroni non usa mezzi termini: “Bisogna fare profitti, i nostri ricavi sono fermi al palo. Noi dobbiamo fare il percorso che hanno fatto altri grandi club europei. Il Bernabeu ha sette ristoranti aperti tutti i giorni della settimana. Dobbiamo dotarci di una struttura moderna ed efficiente nella quale quale possa fare shopping tutta la famiglia. Se non facciamo questo, non arriveremo mai là dove sono tutti i grandi club”. E qui ritorna il discorso di San Siro: demolirlo e ricostruirlo secondo le logiche dell'oggi? Un po' come fu per il Delle Alpi del quale, però, all'attuale Stadium non è rimasto nulla. Argomento che divide gran parte dell'opinione pubblica, tra gli affezionati e i sostenitori del progresso (ad esempio Andrea Agnelli, che sostiene l'importanza di uno stadio a testa). Secondo Scaroni, però, il tema non divide Milan e Inter: “Siamo alleati in questo progetto perché avere uno stadio in due è più economico. Stiamo lavorando insieme nel progetto di uno stadio moderno ed efficiente. Abbiamo i migliori consulenti mondiali e abbiamo visitato tutti gli stadi del mondo negli ultimi 6 mesi”.
Dilemma San Siro
La questione è capire se San Siro sia semplicemente ristrutturabile. Per Scaroni “qualcosa si potrebbe fare” ma gli standard non raggiungerebbero mai quelli dei grandi impianti sportivi d'Europa: “Ci frena il fatto che mega-lavori in uno stadio in cui si gioca 2 volte a settimana ti fanno girare la testa. Stiamo ancora approfondendo la questione, ma la cosa che ci dicono quasi tutti è che, con i lavori in corso, sarebbe inevitabile lasciare San Siro e giocare in trasferta per 2-3 anni… Ne abbiamo voglia di affrontare tutto questo? Il dilemma è questo. Io non escluso neppure che noi ce ne andiamo da San Siro”. Anzi, precisa ulteriormente: “Se la questione è ideologica, ce ne andiamo. Se non si può toccare, ce ne andiamo”. Sì, un dilemma vero. Però lo hanno affrontato anche altri: la Juventus ha detto addio al Delle Alpi, l'Atletico Madrid al Vicente Calderon, il Tottenham a White Hart Lane, il Cagliari al vecchio Sant'Elia. Storie lunghe che, in nome della modernità, hanno ceduto il passo per restare vive nel ricordo.