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Caso Mihajlovic-Zazzaroni. Il confine scivoloso fra professione e amicizia

Una vicenda, quella di Sinisa Mihajlovic, che racconta di un dramma, affrontato perĆ² con la forza e la determinazione tipica di chi, in campo e fuori, ha sempre dimostrato di essere un combattente, anche a costo di attirarsi qualche antipatia. Sportiva naturalmente. Il tecnico del Bologna il suo lavoro continuerĆ  a farlo nonostante la malattia, terribile, che lo ha colpito.Ā Probabilmente perchĆ© ĆØ questo il suo modo di affrontare la vita: dare il meglio di sĆ©, sfidando tutti e tutto. Probabilmente ĆØ sempre stato il suo pregio migliore, anche quando giocava: scontroso sƬ, poco simpatico forse, ma comunque uno che nelle partite dava sempreĀ tutto cercando l'occasione di colpire col sinistro, limitando il suo lato duro all'ambito calcisticoĀ per poi rivelarsi una persona che, anche fra i rivali di sempre, ha saputo farsi degli amici. Forse anche per questo ĆØ il corollario di quando accaduto dopo a rendere ancora piĆ¹ spiacevole apprendere la notizia del suo male. PerchĆ© la polemica non serviva: lui, che rivela in conferenza di come la notizia, data in via confidenziale a un giornalista amico, sia stata annunciata (letteralmente, senza entrare nello specifico e dopo aver tentato di contattarlo prima di scrivere) prima della conferenza, mostrando di esserci rimasto male. E da lƬ le tessere del domino che cadono, fino a toccare il nome di Ivan Zazzaroni, attuale direttore del Corriere dello Sport, con il quale lo legano vent'anni di amicizia.

Un dramma umano

La questione non ĆØ tanto capire quale sia il ruolo del giornalista in questi casi ma quale sia il confine tra professione e amicizia e se un confidenza fatta in forma privata possa essere considerata ugualmente una possibile notizia. E, in un mondo dominato dai media, la notizia di una rivelazione anticipata filtra velocemente, assumendo quasi piĆ¹ risonanza di quella vera, ossia il fatto che un uomo ancora giovane si trovi a dover combattere una difficile battaglia contro la malattia. La notizia perĆ² fa eco: “Ognuno fa come vuole”, ha detto Mihajlovic. SƬ, giusto (con tutte le legittime riserve del caso) e infatti la questione non ĆØ demandata tanto sul piano professionale, quanto su quello dei rapporti umani. PerchĆ© il direttore del Corriere dello SportĀ quelle poche righe le ha scontate via social, moralmente piuttosto che deontologicamente, finendo attaccato per le sue rivelazioni e, nello specifico, per aver violato il riserbo chiesto da un amico. E si ĆØ scusato per questo: “SƬĀ ho fatto il giornalista e non lā€™amico – ha scritto in un editoriale sul suo giornale – che avrebbe dovuto attendere unā€™altra mezza giornata per lasciare che fosse lo stesso Sinisa a raccontare.Ā Dopo aver ascoltato le sue parole e aver visto il suo volto, riconosciuto il coraggio di sempre, ho capito che mi sarei dovuto scusare pubblicamente con lui:Ā avrei dovuto fare lā€™amico”.

Un meccanismo complesso

Fare le proprie scuse non ĆØ mai semplice, soprattutto perchĆ© va riconosciuto in modo inequivocabile di aver sbagliato: “Dovevo fare una scelta – ha scritto ancora -, di fronte al tuo pianto, al tuo dolore,Ā so di aver fatto quella sbagliata”. Ma la questione resta lo stesso e non solo perchĆ© rischia di compromettere un duraturo rapporto di stima: qual ĆØ la linea di demarcazione tra professione e amicizia?Ā Un quesito complesso con unaĀ risposta che sembra facile.Ā In realtĆ , perĆ², questa puĆ² mostrarsi ben piĆ¹ complessa di quanto non sembri: “Come tutti sono stato attratto dal fatto che il direttore del Corriere avesse dato la notizia mentre gli altri non lo avevano fatto – ha spiegato a In Terris Mattia Feltri, editorialista de La Stampa -. Poi,Ā riflettendoci c'era qualcosa che non tornava. Se un allenatore di serie A fa sapere al direttore di un quotidiano sportivo che ha dei gravi problemi di salute che gli impediranno di allenare per qualche tempoĀ e poi chiede di non pubblicarla c'ĆØ qualcosa che non va”. Una riflessione che, naturalmente, prescinde dal singolo caso:Ā “Intendiamoci: io non condanno nĆ© assolvo Zazzaroni perchĆ© servirebbero dei dettagli in piĆ¹Ā ma ĆØ evidente che c'ĆØ qualcosa che non torna in un giornalismo che raccoglie confidenze di un protagonista del calcio e, sapendo la notizia, non la dĆ .Ā E' il segnale di qualcosa che non sta funzionando, perchĆ© se tu oggetto della notizia me la riveli e mi chiedi di non darla, c'ĆØ un meccanismo che si ĆØ inceppato. Il tutto ovviamente inquadrato in un fatto estremamente drammatico, come la rivelazione della malattia. E' la cosa che a me ha colpito di piĆ¹”. In sostanza, il tutto si inquadra su un piano relazionale che, in determinati casi, nonĀ Ā Io ho fatto per tanti anni il giornalista politico e non mi sono mai relazionato su questioni private, quello ĆØ un rapporto di lavoro. E' come se il ministro Salvini dicesse ai giornalisti che, per gravi motivi di salute,Ā dovesse lasciare il ministero dell'Interno e, dopo averlo annunciato,Ā chiedesse loro di non rivelarlo. Tutti lo farebbero dopo venti secondi e il vicepremier, infatti, non si sognerebbe mai un comportamento del genere”.Ā Questione di ruoli forse ma che rende il nodo della domanda d'esordio ancora piĆ¹ difficile da sciogliere.

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