Santa Rita da Cascia, il desiderio profondo di imitare Cristo

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Conosciuta e venerata in tutto il mondo, è chiamata la “la santa dei casi impossibili e disperati”. In una vita costellata “più da spine che da rose”, è stata donna, sposa, madre, vedova e monaca. Tanti fedeli, in questo tempo di pandemia, stanno chiedendo l’intercessione a Santa Rita da Cascia molto vicina ai sofferenti, lei che ha patito gravi drammi familiari come la perdita dei figli (molto probabilmente uccisi dalla peste) e del marito (morto assassinato). Sono incerte le fonti che attestano la sua data di nascita (1371 o 1381) e di morte (1447 o 1457), ma è sicuro che provenga da una famiglia benestante di Roccaporena e si sposi con un giovane ghibellino, Paolo di Ferdinando Mancini, dal quale ha due figli, Giangiacomo e Paolo Maria.

La “paciera”

I genitori della santa sono particolarmente stimati nel libero comune di Cascia. A loro, infatti, è affidata l’ardua incombenza di pacificare i contendenti o almeno di evitare stragi cruente tra famiglie in conflitto. Questa sensibilità rimane iscritta nel Dna di Santa Rita che si adopera sempre come paciera nelle piccole e grandi controversie tanto da essere implorata anche per la pacificazione familiare e sociale. “È un’operatrice di riconciliazione”, ha spiegato Papa Giovanni Paolo II durante una sua visita in terra umbra.

Il matrimonio

Ma torniamo alla vita della santa. In gioventù la sua educazione è curata dai frati agostiniani: in tale contesto coltiva la devozione verso Sant’Agostino, San Giovanni Battista e Nicola da Tolentino, che sceglie come suoi santi protettori. Diventata moglie, non si può non menzionare il suo apporto nella conversione a una condotta autenticamente cristiana del suo coniuge Paolo, che in passato era stato uomo d’armi. Ciò nonostante, attorno al 1406, l’ex belligerante viene ucciso in un agguato. Santa Rita, subito dopo la morte del marito, eleva innumerevoli preghiere a Dio affinché i suoi ragazzi non diventino protagonisti di un atto di sangue vendicandosi per la morte del padre. Una escalation di questo tipo era molto consueta a quei tempi. I due giovani, però, muoiono molto presto l’uno dopo l’altro, senza accendere alcuna faida.

In convento

Dopo queste tragiche vicende familiari, rimasta ormai sola, Rita matura l’idea di consacrarsi al Signore e all’età di 36 anni chiede di entrare nel Monastero di Santa Maria Maddalena. Dopo diverse vicissitudini vi riesce e inizia il noviziato secondo la regola di Sant’Agostino. Ascesi, contemplazione, preghiera, digiuno e penitenza, ma anche azione (va spesso in servizio a soccorrere poveri e ammalati di Cascia), caratterizzano i cinquanta anni della sua intensa vita claustrale. La tradizione racconta che durante il noviziato, la madre badessa, per provare l’umiltà di suor Rita, le comandi di piantare e innaffiare un arido legno. La santa obbedisce senza indugi e il Signore premia la sua serva facendo fiorire una vite rigogliosa! Ciò testimonia, senza alcun dubbio, le sue virtù e in particolare la pazienza, l’umiltà e l’amore.

La spina

Un’altra vicenda esemplare e molto nota discende dal suo desiderio profondo di imitare Cristo. Un giorno, infatti, prega perché possa essere realmente partecipe delle sofferenze di Gesù e viene miracolosamente esaudita: una spina si stacca dal Crocifisso conficcandosi nella sua fronte. La profonda ferita la accompagnerà per il resto della sua esistenza scomparendo solo per un breve periodo in occasione di un suo pellegrinaggio a Roma per la canonizzazione di San Nicola da Tolentino.

Un amore incondizionato

Al termine della sua vita terrena è protagonista di un altro episodio, per il quale è annoverata anche come “santa delle rose”. In inverno, malata e costretta a letto, chiede a una cugina di portarle due fichi e una rosa dall’orto della casa paterna. È il mese di gennaio e la donna l’asseconda, pur ritenendo impossibile trovare quanto richiesto. Ma, incredibilmente, stupefatta, trova proprio i fichi e la rosa dove Rita ha indicato. Santa Rita può morire in pace, ora che ha trovato ciò che per lei è il segno della bontà di Dio che ha accolto in cielo i suoi due figli e il marito. La leggenda vuole che nella notte della sua dipartita le campane del Monastero, mosse da mani invisibili, si mettano a suonare. Venerata dai fedeli per gli eventi prodigiosi che si verificano subito dopo la morte, il suo corpo non è mai stato sepolto. È considerata la santa protettrice dalla peste, probabilmente per la dedizione nei confronti degli appestati del lazzaretto di Roccaporena e anche per il fatto che, nonostante la vicinanza, non abbia mai contratto la malattia. Papa Francesco, durante un’udienza generale, ha auspicato che le donne di oggi, seguendo l’esempio di Santa Rita, “possano manifestare il medesimo entusiasmo di vita e, al contempo, essere capaci dello stesso amore che ella riservò a tutti incondizionatamente”.

Macario Tinti: