È stata nubile, coniugata, vedova, religiosa e infine fondatrice. Proprio per questo Santa Giovanna Francesca rappresenta un modello per tutti gli stati di vita, lei che, tra l’altro, ha conosciuto anche ricchezza e povertà. Al secolo Jeanne-Françoise Frémyot, nasce a Digione (Francia) nel 1572. Ben presto perde la madre e viene educata dal padre che è presidente del parlamento della Borgogna.
Nel 1592 sposa il barone de Chantal, diviene baronessa e vive nel castello feudale di Bourbilly. Apprezzata per le sue qualità, viene chiamata “la dama perfetta” ed è madre di sei figli. Quando il marito è costretto ad assentarsi per i suoi impegni Giovanna lascia gli abiti sfarzosi e si occupa dei poveri. A chi le rimprovera l’abbigliamento particolarmente sobrio lei risponde: “Gli occhi a cui devo compiacere sono a cento miglia da qui”. Durante una terribile carestia che colpisce la Borgogna trasforma la tenuta in un autentico ospedale che ospita le persone più in difficoltà vedendo nei loro volti quello di Cristo sofferente.
Arriva una prima dura prova nella sua vita. Il barone di Chantal resta ferito a morte durante un incidente di caccia e lei rimane vedova a ventotto anni e con quattro figli. Profondamente provata da quel dolore fa voto di castità pregando incessantemente Dio che le possa indicare con chiarezza il cammino da percorrere. Nel frattempo, è costretta a trasferirsi nella casa del suocero a Monthelon dove resta per sette anni non senza difficoltà a causa delle angherie subite dall’anziano barone e dalla domestica.
Durante la Quaresima del 1604 avviene la svolta mentre si reca in visita da suo padre a Digione. Lì, infatti, incontra San Francesco di Sales durante una meditazione e riconosce in lui la guida spirituale che stava cercando. Al primo colloquio, l’abbigliamento della vedova non sembra abbastanza modesto a San Francesco di Sales, il quale le domanda: “Lei ha intenzione di rimaritarsi, Signora?”. “No”, risponde Giovanna. “Bene – soggiunge il Santo con un rapido cenno degli occhi –. Allora sarà meglio ammainare le insegne”. Inizia una fitta corrispondenza epistolare tra i due santi e un mirabile “sodalizio spirituale”, come tra San Francesco e Santa Chiara, o tra i Santi Luigi e Zelia Martin.
La baronessa de Chantal compie una precisa scelta di vita. Prima provvede al futuro dei figli e poi parte per Annecy, dove Dio la chiamerà a fondare, insieme a San Francesco di Sales, la Congregazione della Visitazione che sarà istituita canonicamente nel 1610. Lo scopo di questa Congregazione è quello di accogliere e seguire la vita spirituale di giovani ragazze e vedove.
Un giorno la Santa si rivolge alle consorelle con queste parole: “Figlie carissime, molti dei nostri santi padri e colonne della Chiesa, non subirono il martirio: perché – secondo voi – ciò accade?”. Dopo aver ascoltato le loro risposte continua: “Ed io penso che ciò sia accaduto perché vi è un altro martirio, il martirio di amore, nel quale Dio, mentre sostiene in vita i suoi servi e le sue serve perché si spendano per la sua gloria, li rende insieme martiri e confessori… Dite il vostro totale sì a Dio, e ne farete la prova. Infatti l’amore divino immerge la sua spada nelle parti più intime e segrete dell’anima, e ci separa da noi stessi”. Parlando di sé stessa aggiunge: “Ho conosciuto un’anima, che l’amore ha separato da quanto le era più caro non meno che se i persecutori a colpi di spada le avessero separato lo spirito dal corpo”.
All’interno del chiostro Giovanna si dedica all’esercizio delle virtù più ammirevoli. Attorno a lei già si diffonde un’aura di santità e persino regine, principi e principesse accorrono per poterla incontrare tributandole ovazioni. “Queste persone – dice confusa – non mi conoscono, si sbagliano”. Si spegne il 13 dicembre 1641 nel monastero di Moulins, consumata “nell’amore di opera e nell’opera di amore”, come è solita ripetere.
Al momento della morte l’Ordine conta già ottantasei case. Lascia alla Chiesa una grande eredità e un notevole esempio di fedeltà al carisma della Congregazione da lei fondata sintetizzato nelle parole di San Francesco di Sales: “Ecco la regola della nostra obbedienza che vi scrivo a caratteri grandi: FARE TUTTO PER AMORE, NIENTE PER FORZA – AMAR PIÙ L’OBBEDIENZA CHE TEMERE LA DISOBBEDIENZA. Vi lascio lo spirito di libertà, non già quello che esclude l’obbedienza, ché questa è la libertà del mondo; ma quello che esclude la violenza, l’ansia e lo scrupolo”.