San Pietro Claver, sacerdote gesuita e missionario Verdù (Spagna), 1580 ca.- Cartagena (Colombia), 8/09/1654. Proviene da una famiglia contadina della Catalogna. Dopo aver studiato presso i Gesuiti, nel 1604 entra nella Compagnia di Gesù.
Avvenimenti
• Mentre studia filosofia a Palma di Maiorca, il portinaio del collegio, sant’Alfonso Rodríguez, si sente ispirato dal Signore a incitare il giovane confratello a evangelizzare i possedimenti spagnoli in America.
• Prima di essere ordinato sacerdote, si reca in Colombia per assistere gli indios.
• Fa il voto di dedicare la sua vita all’assistenza degli schiavi neri deportati dall’Africa: mantiene il suo impegno per quasi quarant’anni. Oltre che sacerdote, è infermiere, insegnante e raccoglitore di elemosine: tutto per i suoi amati neri.
• Gli schiavi vengono legati a gruppi di sei con le caviglie e le gole incatenate e gettati nelle stive, dove non arriva un raggio di sole e dove c’è un tale fetore da far perdere i sensi. Una volta al giorno vengono alimentati con farina di mais e acqua. Quando arriva una nave di schiavi, Pietro si reca al porto con disinfettanti, farmaci, tabacco, limoni e brandy: li accompagna alle loro baracche e li lava, cura le loro ferite e li sfama. Li accudisce con la tenerezza di una madre. Afferma Pietro: «Dobbiamo parlare loro con le mani prima di provare a parlare con le labbra».
• Ogni anno arrivano a Cartagena circa 10 mila schiavi vivi (un terzo degli schiavi muore durante il viaggio, che dura sei o sette settimane). Con un gruppo di aiutanti Pietro è sempre presente all’arrivo di ogni nave carica di schiavi. Quando gli schiavi sono approdati, vengono trasferiti nelle piantagioni o nelle miniere: una volta l’anno Pietro è solito visitare le piantagioni per sincerarsi delle condizioni di vita e di lavoro dei suoi protetti. Cerca di non accettare l’ospitalità dei padroni, ma di condividere gli alloggi con gli schiavi.
• Per poter capire la lingua degli schiavi, provenienti da località diverse, si serve di diciotto interpreti, ex schiavi che egli stesso ha riscattato e che ospita nel collegio dei Gesuiti.
• Viene osteggiato non solo dai mercanti degli schiavi ma, perfino, da alcuni suoi superiori, influenzati dalle critiche, a volte pesanti e numerose, verso di lui.
• Arriva a essere accusato di aver profanato i sacramenti dandoli agli schiavi neri che, secondo le assurde credenze del tempo, è in dubbio che abbiano un’anima.
• Altro suo campo d’azione è la redenzione delle prostitute: a molte di esse procura una dote per avviarle a un sano matrimonio. Anche a motivo di questa sua straordinaria opera riceve minacce e persecuzioni.
• Viene canonizzato nel 1888 insieme al suo consigliere e amico Alfonso Rodríguez.
Aneddoti
• Mentre studia filosofia nell’isola di Maiorca, diventa amico del portiere del convento Alfonso Rodríguez, che lo incita a diventare missionario tra i neri, specie dopo che Alfonso, in un’estasi, vede il trono di gloria che il Signore ha riservato a Pietro per le sue grandi fatiche apostoliche tra gli schiavi.
• È solito firmarsi: “Pietro Claver, servo perpetuo dei negri” o anche: “Schiavo degli schiavi”.
• Al suo primo incontro con gli schiavi, li abbraccia uno per uno e li rassicura di aver trovato in lui un amico e un protettore. A questa gente che è considerata un nulla, insieme al soccorso offre il più grande rispetto.
• A volte, per far comprendere ai neri che devono cambiare completamente vita e abbandonare le loro superstizioni, si graffia la pelle per imitare i serpenti che ogni anno cambiano epidermide. E i neri, per fargli capire che vogliono spogliarsi delle vecchie abitudini, ripetono il gesto del loro protettore e amico.
• Tanto eroica la sua carità, che arriva, vincendo il più che comprensibile ribrezzo, a succhiare con le labbra le piaghe purulente dei malati.
• Promette al comandante del porto, che lo avverte del prossimo arrivo di navi negriere, la celebrazione gratuita di nove Messe.
• Poco prima di morire afferma di aver impartito il Battesimo a circa 300 mila neri. Il Battesimo viene amministrato dopo una sommaria preparazione, anche per proteggere la vita degli schiavi: secondo le convinzioni del tempo chi non è battezzato è al pari di un animale la cui vita ha poco valore, per cui ucciderlo non è poi fatto così grave.
Personalità
Pur essendo timido e insicuro, per amore dei suoi schiavi neri si trasforma in un organizzatore abile, ingegnoso e perfino ardito.
Spiritualità
Carità eroica e senza limiti profusa per circa quarant’anni in condizioni tanto difficili, sgradevoli e ripugnanti, come pochi altri prima e dopo di lui. Il suo motto è: «Sempre servo»; Pietro deve servire con tutte le sue forze i neri d’Africa, poiché questo è quello che il Signore vuole da lui. La sua incredibile carità è alimentata da un’intensa e prolungata vita di preghiera notturna. Nonostante le sue gravosissime fatiche apostoliche e caritative è insaziabile nelle penitenze.
Morte
Si ammala probabilmente di peste. Negli ultimi quattro anni rimane quasi paralizzato in una stanzetta, lasciato in solitudine tra continui dolori e un tremore così intenso che gli impedisce anche di celebrare la Messa. Viene accudito da un giovane nero che mangia la parte migliore degli alimenti a lui destinati e che spesso lo lascia in balia di se stesso per vari giorni. Nel vestirlo lo maneggia con brutalità, arrivando a torcergli perfino le braccia, e lo tratta con disprezzo. Anche i confratelli lo trascurano molto. Pietro arriva a commentare questa situazione dicendo: “I miei tanti peccati meriterebbero una punizione ben maggiore”. Il 16 settembre assiste alla Messa e riceve la Comunione: predice la sua morte imminente. La sera stessa entra in coma e non si riprende più: tre giorni dopo muore. Una folla di schiavi neri, desiderosi di dare l’ultimo saluto al loro protettore, abbatte i cancelli della residenza dei gesuiti. La sua salma viene esposta in chiesa con le braccia estese perché fosse possibile baciargli le mani. I suoi resti mortali sono venerate a Cartagena, nella chiesa dei Gesuiti. È canonizzato nel 1888 da Leone XI, che lo proclama patrono delle missioni per i neri.
Tratto dal libro “I santi del giorno ci insegnano a vivere e a morire” di Luigi Luzi