Appena eletto Papa molti hanno pensato che il suo sarebbe stato solo un semplice Pontificato di transizione. Invece il Concilio Vaticano II da lui indetto ha cambiato il volto della Chiesa, mostrandosi come un autentico spartiacque nella storia della cristianità. A 57 anni esatti dalla sua morte, avvenuta il 3 giugno 1963, ricordiamo la figura di Giovanni XXIII, il Pontefice beatificato da Giovanni Paolo II durante il grande giubileo del 2000 e canonizzato da Papa Francesco nel 2014. Angelo Giuseppe Roncalli, quartogenito di tredici figli, nasce a Sotto il Monte (Bergamo) il 25 novembre 1881 e viene battezzato durante la serata dello stesso giorno. Entrato nel seminario di Bergamo già a 11 anni, da adolescente inizia la stesura degli appunti spirituali che lo accompagneranno, con diverse modalità, fino alla morte e che sono raccolti nel Giornale dell’anima. Negli scritti di quegli anni esprime tutta la sua dedizione al Cristo e alla Vergine: “O Gesù Eucaristia, pel quale io vorrei consumarmi di amore, tenetemi sempre a voi unito; il mio cuore sia presso il vostro; io voglio essere con voi l’apostolo Giovanni. O Maria del rosario, tenetemi raccolto nella recita di questa orazione; legatemi per sempre, per mezzo del rosario, al mio Gesù Eucaristia. Viva Gesù amore, viva Maria Vergine Immacolata”. Nel 1896 Angelo Roncalli professa la Regola nell’Ordine francescano secolare e 8 anni dopo viene ordinato sacerdote.
Il vescovo di Bergamo, monsignor Giacomo Maria Radini Tedeschi, lo chiama a diventare suo segretario. In una diocesi molto viva a livello pastorale collabora per la riuscita di diverse iniziative e gli vengono affidati numerosi incarichi oltre all’insegnamento di storia, patrologia e apologetica presso il seminario. In quel periodo Angelo Roncalli dimostra di essere un efficace e profondo predicatore, contribuendo attivamente alle realtà associative del territorio, come l’Azione Cattolica, e impegnandosi nel quotidiano cattolico di Bergamo. Inoltre, studia e trae ispirazione dalla vita di San Carlo Borromeo, San Francesco di Sales e San Gregorio Barbarigo. All’ingresso dell’Italia nel primo conflitto mondiale è richiamato come sergente di sanità. “Domani – scrive – parto per il servizio militare in sanità. Dove mi manderanno? Forse sul fronte nemico? Tornerò a Bergamo, oppure il Signore mi ha preparata la mia ultima ora sul campo di guerra? Nulla so; questo solamente voglio, la volontà di Dio in tutto e sempre, e la sua gloria nel sacrificio completo del mio essere”. Diviene cappellano militare in servizio negli ospedali militari di retrovia e coordinatore dell’assistenza spirituale e morale dei soldati. A conclusione della guerra, apre la “Casa dello studente” curando la pastorale studentesca.
Nel 1921 inizia quella che può essere considerata la seconda parte della sua esistenza, ossia quella a servizio della Santa Sede. Infatti, Benedetto XV lo elegge Presidente per l’Italia del Consiglio centrale della Pontificia Opera per la Propagazione della Fede. L’incarico gli permette di conoscere e visitare tante diocesi italiane organizzando Circoli missionari. Il successivo Pontefice, Pio XI, lo designa Visitatore Apostolico per la Bulgaria. Per assolvere questo incarico viene nominato vescovo e Angelo Roncalli sceglie come motto episcopale “Oboedientia et pax”, programma che lo accompagnerà sempre. In Bulgaria è vicino a tutti i cristiani – e non solo ai cattolici – mostrando caritatevole sollecitudine durante il terribile terremoto del 1928. Soffre in silenzio incomprensioni e difficoltà di un ministero segnato dalla pastorale dei piccoli passi. La fede di Papa Roncalli, in questa fase, emerge con grande chiarezza, come si evince dai suoi scritti durante un ritiro nel 1930: “Un complesso di circostanze conferisce al mio raccoglimento spirituale una nota speciale di abbandono in Gesù sofferente e crocifisso, mio maestro e mio re. Le pene, attraverso le quali nei decorsi mesi il Signore ha voluto provare la mia pazienza, per le pratiche circa la fondazione del seminario bulgaro; la incertezza che perdura da oltre cinque armi quanto ai compiti definitivi del mio ministero in questo paese; le angustie e le difficoltà di non poter far di più, e del dovermi contenere in una vita di eremita perfetto, contro la tendenza del mio spirito alle opere del ministero diretto delle anime; il malcontento interiore di ciò che c’è ancora di umano nella mia natura, anche se sin qui sono riuscito a tenerlo in disciplina: tutto mi rende più spontaneo questo santo abbandono, che vorrebbe insieme essere elevazione e slancio verso una imitazione più perfetta del mio divino esemplare”.
Un nuovo incarico all’estero giunge nel 1935 allorché viene nominato Delegato Apostolico in Turchia (da poco proclamatasi Stato aconfessionale) e Grecia. Nelle due Nazioni è intenso il suo ministero verso i cattolici, contraddistinto da rispetto e dialogo con il mondo ortodosso e musulmano. Allo scoppio della seconda guerra mondiale è presente nel Paese ellenico devastato dai combattimenti e aiuta molti ebrei a mettersi in salvo. Nel 1944 è Nunzio Apostolico a Parigi e si occupa di normalizzare l’assetto ecclesiastico di una Francia appena uscita dalla liberazione e avviata a un profondo processo di laicizzazione dello Stato. È costantemente alla ricerca della semplicità del Vangelo, anche dentro le più complesse questioni diplomatiche, sostenuto dal desiderio pastorale di essere sacerdote in ogni situazione. Animato da sincera pietà resta ogni giorno in preghiera e meditazione per molto tempo. Nel 1953 è creato cardinale e promosso Patriarca a Venezia. Nella prima omelia tenuta a San Marco spiega ai fedeli: “Non guardate dunque al vostro Patriarca come a un uomo politico, a un diplomatico, cercate il sacerdote, il pastore d’anime, che esercita tra voi il suo ufficio in nome del Signore”. Pur nel fervore e nella laboriosità del suo ministero sente avvicinarsi l’ora del commiato da questo mondo. Infatti, così annota sul diario nel 1957: “O Signore, siamo a sera. Anni settantasei in corso. Grande dono del Padre celeste la vita. Tre quarti dei miei contemporanei sono passati all’altra riva. Dunque anch’io mi debbo tener preparato al grande momento…”.
Ma il Padre Celeste ha altri progetti e tiene in serbo ancora grandi cose per il futuro Santo. Alla morte di Pio XII, inaspettatamente, Angelo Roncalli diventa Papa assumendo il nome di Giovanni XXIII. È il 1958 e sono in molti a stupirsi della salita al soglio di Pietro di un cardinale piuttosto avanti negli anni. Nel suo quinquennio papale, va a trovare carcerati e ammalati, accogliendo uomini di ogni nazione e fede, esercitando verso tutti la sua paternità. Il messaggio di questo Papa viene lanciato con forza dalle otto encicliche che scrive, tra cui la “Mater et magistra” e la “Pacem in terris”, la prima nella storia a essere indirizzata a tutti gli uomini di buona volontà, in cui esprime i concetti di pace e di giusto ordine sociale. Annuncia il Concilio Vaticano II, un evento epocale per la Chiesa di tutti i tempi. L’obiettivo non è quello di variare la dottrina cattolica né definire nuove verità di fede, ma ripresentarne i contenuti all’uomo contemporaneo, trovare risposte ai nuovi problemi e alle sfide poste dalla società in evoluzione. Le sue parole più famose sono quelle pronunciate dinanzi alla folla di Piazza San Pietro nel giorno di apertura del Concilio Vaticano II. È il discorso alla Luna: “Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera… Osservatela in alto, a guardare a questo spettacolo. Tornando a casa, troverete i bambini. Date loro una carezza e dite: ‘Questa è la carezza del Papa’”. Già da tempo malato, muore la sera del 3 giugno 1963, all’indomani della Pentecoste, in profondo spirito di abbandono a Gesù. Queste le sue ultime parole rivolte al segretario particolare pochi istanti prima di spirare: “Perché piangere? È un momento di gioia questo, un momento di gloria”.