Nonostante le restrizioni a causa della pandemia, Napoli è in festa per il suo patrono: San Gennaro. Vissuto a cavallo tra il III e il IV secolo dopo Cristo, fu martire. Fu fatto uccidere dall’imperatore romano Diocleziano. C’è poca certezza sul luogo dove sia nato. Molte fonti riferiscono che sia nato a Benevento, dove portò avanti la sua attività apostolica e fu eletto vescovo. Altre fonti collocano la sua nascita a Napoli.
Il martirio
Riguardo al suo martirio, la tradizione racconta che San Gennaro si recò a Pozzuoli per incontrare il diacono Sossio, incarcerato dal proconsole della Campania Dragonio perché guida della comunità dei Cristiani dei Campi Flegrei. Il santo si recò da lui insieme a Desiderio e Festo ma furono incarcerati insieme a Sossio e condannati ad essere sbranati dagli orsi. Condotti nei pressi del Forum Vulcani (l’attuale Solfatara di Pozzuoli), essi furono decapitati nell’anno 305.
Dopo la decapitazione, come era abitudine a quel tempo, una pia donna di nome Eusebia, raccolse il sangue del santo in due ampolle che ora sono custodite, insieme al cranio del santo, nella Cappella del Tesoro di San Gennaro.
Il prodigio dello scioglimento del sangue
Come riporta il sito museosangennaro.it, la prima notizia storica delle ampolline con il sangue è data da un cronista medievale (Chronicom siculum), che il 17 agosto 1389 annota il fenomeno della “liquefazione” del sangue documentata sino ad oggi.
Per tre volte all’anno, l’ampolla viene esposta alla presenza dell’Arcivescovo di Napoli mostrata al popolo; in due delle tre date è presente anche l’Arcivescovo di Napoli. Le date ricordano tre momenti della storia che legano le reliquie al popolo partenopeo, ed
è in quegli “anniversari” che avviene il “Prodigio” o “Miracolo” della liquefazione del sangue di San Gennaro.