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San Bonaventura: ecco quali sono le origini del suo nome

“Per san Bonaventura il destino ultimo dell’uomo è amare Dio, l’incontrarsi ed unirsi del suo e del nostro amore. Questa è per lui la definizione più adeguata della nostra felicità”. È quanto scritto da Benedetto XVI su questo santo, nato attorno al 1220 a Bagnoregio (Viterbo) col nome di Giovanni Fidanza. Figlio di un dottore comprende che la sua strada non è quella di seguire la professione del padre. La tradizione racconta che il suo nome religioso derivi dall’incontro con San Francesco d’Assisi avvenuto nel 1226. Questi, quando era piccolo, lo avrebbe guarito miracolosamente da una seria malattia segnandolo sulla fronte con la croce ed esclamando: “O bona ventura!”.

Lo stesso Giovanni Fidanza più tardi racconterà così questo episodio: “Ancora fanciullo ero gravemente infermo; bastò che mia madre facesse un voto per me al nostro beato Padre Francesco e fui strappato alle fauci della morte e restituito, sano e salvo, alla vita”. A 18 anni San Bonaventura si reca a Parigi per studiare e consegue il diploma di Maestro d’Arti, paragonabile al titolo rilasciato da un prestigioso liceo di oggi. Sente forte la chiamata del Signore ed entra nell’Ordine dei Frati Minori. “Confesso davanti a Dio – scrive in una lettera a un confratello – che la ragione che mi ha fatto amare di più la vita del beato Francesco è che essa assomiglia agli inizi e alla crescita della Chiesa. La Chiesa cominciò con semplici pescatori, e si arricchì in seguito di dottori molto illustri e sapienti; la religione del beato Francesco non è stata stabilita dalla prudenza degli uomini, ma da Cristo”.

Conclusa la sua formazione nel 1253, diventa “magister” e ottiene la licenza di insegnare teologia. È un periodo di forti tensioni nella Chiesa, soprattutto tra i maestri secolari e quelli appartenenti agli ordini mendicanti, che per un certo periodo non sono riconosciuti dalle università. Mentre la disputa tra sostenitori e oppositori di una Chiesa basata esclusivamente sulla povertà si protrae per anni, Fra’ Bonaventura nel 1257 diventa Ministro generale dei frati Minori.

Questo compito lo induce a lasciare l’insegnamento e a spostarsi per tutta Europa. Un anonimo notaio pontificio comporrà un elogio di Giovanni Fidanza descrivendo in tal modo questa importante figura nella storia della Chiesa: “Uomo buono, affabile, pio e misericordioso, colmo di virtù, amato da Dio e dagli uomini… Dio infatti gli aveva donato una tale grazia, che tutti coloro che lo vedevano erano pervasi da un amore che il cuore non poteva celare”. Nel 1260 scrive una biografia di San Francesco, la Legenda Maior, che sostituisce tutte le biografie esistenti e si pone anche il fine di rinsaldare l’unità dei francescani. A quest’opera s’ispirerà Giotto per dipingere il celebre ciclo delle Storie di San Francesco.

Nel 1271 torna a Viterbo e offre il suo contributo per la risoluzione del conclave più lungo della storia (quasi 3 anni!) che alla fine eleggerà un suo amico: Gregorio X. Proprio questo Papa, due anni dopo, lo consacra vescovo di Albano e cardinale, affidandogli il compito di organizzare a Lione un Concilio per l’unità tra la Chiesa latina e quella greca. Durante questo concilio, dopo aver tenuto due interventi, San Bonaventura muore il 15 luglio del 1274. Nel 1588 Papa Sisto V lo annovera tra i Dottori della Chiesa chiamandolo “dottore serafico”. San Tommaso d’Aquino, invece, è definito “dottore angelico”. Il suo contributo alla dottrina teologica è fondamentale. Partendo dal pensiero di Sant’Agostino esprime la necessità di subordinare la filosofia alla teologia, in quanto l’oggetto di quest’ultima è Dio. La filosofia, pertanto, può solo aiutare la ricerca umana di Dio riportando l’uomo alla propria dimensione interiore – ossia l’anima – da ricondurre appunto al Padre Celeste. Il Creato è una specie di “libro” che è stato aperto davanti agli occhi dell’uomo dal Signore in cui emerge la Trinità, impronta presente in tutti gli esseri animati e inanimati. Ogni persona, ammirando la bellezza del Creato, è condotta a lodare il Creatore.

San Bonaventura sostiene che Cristo è la via per tutte le scienze: solo la Verità rivelata può potenziarle e unirle verso l’obiettivo di conoscere il Signore. “È insito nell’anima – osserva – l’odio della falsità; ma ogni odio nasce dall’amore, perciò è molto più radicato nell’anima l’amore della verità e specialmente di quella verità per la quale l’anima è stata fatta”. Chi spera nelle promesse dell’Onnipotente – sostiene il Santo – “deve alzare il capo, rivolgendo verso l’alto i suoi pensieri, verso l’altezza della nostra esistenza, cioè verso Dio”. Tra i tanti scritti di Giovanni Fidanza c’è anche il Sermone sul santissimo corpo di Cristo in cui descrive mirabilmente la grazia di chi si avvicina all’Eucaristia: “Questo sacramento infonde la forza di operare; eleva alla contemplazione; dispone alla conoscenza delle realtà divine; anima e accende il disprezzo del mondo e il desiderio dei beni celesti ed eterni”.

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