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Alla scoperta di San Biagio: vescovo, martire e patrono dei cacciatori

San Biagio, vescovo e martire, nasce a Sebaste (Armenia)? e muore a Sebaste nel 316 circa. La sua vita è per lo più leggendaria. Sembra che sia medico e vescovo di Sebaste.  Quando iniziano le persecuzioni di Licinio contro i cristiani, Biagio fugge dalla città e si rifugia in una grotta sul monte Argeo, non per timore di essere ucciso, ma per continuare a svolgere la sua missione di vescovo. Qui, infatti, è costantemente visitato dai suoi fedeli, fino a quando non viene scoperto da alcuni cacciatori e denunciato al prefetto Agricolao, che ne ordina l’immediata cattura. E’ una delle ultime vittime delle persecuzioni. Il suo culto è molto diffuso per il gran numero dei miracoli attribuiti alla sua intercessione.

Aneddoti su san Biagio

E’ considerato patrono dei cacciatori perché in una delle torture a cui è sottoposto gli viene strappata la pelle con dei pettini di ferro appuntiti, simili a quelli utilizzati per cardare la lana.

Durante l’ultima tortura viene gettato in un lago con una pietra al collo; Biagio non solo non annega, ma addirittura si mette a camminare sulle acque e sfida i pagani presenti a fare altrettanto. Ottanta accettano la sfida, ma annegano tutti.

Morte

Dopo averi giorni di carcere, il prefetto Agricolao cerca di convincerlo a fare sacrifici agli dei pagani, ma Biagio rifiuta decisamente. Viene sottoposto a varie torture: la fustigazione, la slogatura degli arti, lo sfregamento della pelle con pettini di ferro, il tentativo di un annegamento in un lago con un sasso legato al collo.

Supera tutte le atroci sofferenze, finché un angelo gli dice che è giunto il momento di ricevere la corona che gli ha preparato il Signore. Il giorno dopo viene decapitato. Il suo corpo viene sepolto nella cattedrale di Sebaste. Nel 723 parte delle sue reliquie vengono portata da cristiani armeni alla volta di Roma. A causa di una tempesta il viaggio si interrompe a Maratea, dove le reliquie vengono deposte in una chiesa che poi diventa l’attuale basilica.

Tratto dal libro “I santi del giorno ci insegnano a vivere e a morire” di Luigi Luzi

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