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La moltiplicazione dei pani e delle generosità

L’episodio della moltiplicazione fu giudicato di grande importanza, se tutti e quattro gli evangelisti lo riferiscono, con la particolarità che Matteo e Marco riferiscono di due moltiplicazioni dei pani, e non per un cosiddetto doppione.

Scoprire questa importanza vuol dire avere avuto accesso a una profondità che può sfuggire a chi guarda al semplice miracolo.

Gesù in barca cerca un luogo solitario nella riva opposta del lago. Lo fa dopo l’uccisione di Giovanni il Battista. Dalla Galilea, governata da Erode Antipa, passa alla Gaulanitide (area del Golan), governata da Erode Filippo, legittimo marito di Erodiade. Non è un fuggire, ma un evitare le questioni sulla morte del Battista, che sembrava smentire il futuro vittorioso, che ci si aspettava da Gesù.

Chi usava della morte del Battista come un argomento contro Gesù non si mosse, pensando che Gesù fuggisse impaurito. Invece una numerosa folla a piedi lungo la costa del lago, osservando la barca, lo seguì. E’ una folla che si è selezionata da chi non credeva in Gesù, credere qui non è ancora credere nel Figlio di Dio, ma credere in lui quale persona graditissima a Dio, per la potenza dei miracoli che faceva. Gesù sentì compassione, e operò guarigioni. Poi come sempre il dono della Parola, fino a ora tarda, in un luogo deserto dove l’approvvigionamento del cibo era molto problematico.

Il parallelo con il cammino nel deserto segnato dalla presenza di Dio nella tenda del convegno, è evidente a uno sguardo profondo. Non c’è la tenda del convegno dimora della gloria di Jahweh, ma Cristo, tempio del Dio vivo. Qualcosa di arcano la folla lo percepisce se, al contrario del deserto, non pone la questione del cibo, allontanandosi da Gesù per ritornare per tempo a casa. Chi pone il problema del cibo sono i discepoli e, nella narrazione di Giovanni, Gesù stesso.

La gente percepisce di avere davanti a sé uno che saprà risolvere il problema del cibo. La compassione che vedono in lui include il credere che egli provvederà. Non lo debbono rattristare come fecero con Mosè, quell’errore non lo vogliono ripetere.

Questo è punto importante per noi: Dobbiamo credere, ben più fortemente degli uomini che seguirono il percorso della barca e stettero lungamente con Gesù, che Gesù risolverà con la sua provvidenza i problemi della nostra vita materiale. Credere che Gesù questo lo farà sempre, passando pure attraverso le strutture dei possidenti, come nella parabola del ricco epulone, che fu benedetto per un raccolto d’eccezione, per le preghiere dei poveri, ma che non riconobbe tenendo tutto per sé.

Non si tratta dunque di pregare pensando precisamente a miracoli del pane, ma al miracolo della conversione dei cuori per l’avvento di un mondo segnato dalla giustizia. Il ricco epulone, benedetto non per sé, ma per i poveri, trovò nella sua ingiustizia la sua rovina.

Ma insieme a questa strada della provvidenza universale Gesù ci chiede di “dare noi stessi da mangiare”. E’ l’opera della solidarietà nella carità. C’è una moltiplicazione dei pani che nasce dalla moltiplicazione delle generosità. Noi parliamo di cibo scartato in abbondanza tale, che si potrebbe sfamare gran parte della popolazione del mondo. Sarebbe un trionfo della carità se questo avvenisse in tale estensione mondiale, ma è pur trionfo risparmiare per procurare una borsa piena della spesa a tanti. Era trionfo la colletta che fu affidata a Paolo apostolo tra i gentili per le comunità della Palestina in difficoltà; e può essere benissimo definita colletta fiscale la devoluzione dell’8 per mille per la Chiesa cattolica.

C’è un fare da noi stessi, che non rinuncia a far operare per i poveri anche i grandi potenti.

Io vorrei fare una sottolineatura: Quando si tratta di evangelizzare cerchiamo di ricavare da noi stessi quanto è necessario, per non vederci condizionati dai donatori. Valga per questo quanto dice Giovanni nella sua terza lettera: “Essi sono partiti senza accettare nulla dai pagani”. Qui si ha la massima fiducia in Gesù che provvede ai suoi.

La moltiplicazione dei pani avvenne in un luogo deserto, dove c’era il nuovo ed eterno Tempio, c’era anche una meta: un mondo diverso e la liberazione dai peccati. I cieli aperti. Mancava il sacrificio che era stato annunciato (Ps 40,7-9; Eb 10, 5): “Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hanno aperto, non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: Ecco io vengo”. Il sacrificio ci sarà, e sarà sulla croce e sarà dato come sacrificio della Chiesa da offrire, unitamente al proprio, sugli altari fino alla fine del mondo..

Giovanni Battista ucciso, per chi poteva intendere, avendo uno spirito pronto al soffio dello Spirito, era il segno del futuro sacrificio di Cristo per mano dell’ingiustizia degli uomini, ma per la sua misericordia capace di salvarli. Chi poteva capire, capì, attraverso le guarigioni dei corpi, la provvidenza del miracolo dei pani e dei pesci, lo sguardo di compassione di Gesù, che l’esodo dall’Egitto stava giungendo al suo compimento di liberazione.

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