Quella di Sant’Isidoro è una figura medievale molto singolare. È infatti uno dei rari casi di persona dalle umili origini – è un contadino – salita all’onore degli altari quando la stragrande maggioranza dei santi, in quel tempo, appartenevano al clero o della nobiltà. Al secolo Isidro de Merlo y Quintana, nasce a Madrid attorno al 1082. I suoi genitori sono poveri e risiedono in una modesta dimora vicino alla chiesa di San Andrés. In quel periodo la penisola iberica attraversa una fase di grande trasformazione, con la conquista cristiana di Toledo nel 1085 e l’unificazione di diversi emirati arabi sotto il dominio degli Almoravidi. La conquista di Madrid da parte di quest’ultimi costringe molte persone a rifugiarsi fuori dalla città. Tra la gente costretta a fuggire c’è anche Isidoro che si sposta a una cinquantina di chilometri di distanza, presso Torrelaguna. Analfabeta – cosa del tutto normale a quei tempi – inizia a guadagnarsi da vivere come agricoltore. Come nel caso di molti santi medievali, il mito e la realtà si mescolano nella biografia senza che sia possibile comprendere con esattezza dove inizi l’uno e finisca l’altra. Isidoro, di sicuro, è un uomo umile, semplice e di gran cuore. A Torrelaguna si innamora di una donna, Maria Toribia, con la quale si sposa. Anche lei, canonizzata, sarà conosciuta col nome di Santa Maria de la Cabeza. Isidoro si mette al servizio di un proprietario terriero, Juan de Vargas.
Il documento più antico e praticamente l’unica fonte – redatta nel XIII secolo – che racconta la vita del Santo è il cosiddetto “Codice di Juan Deacon”, un testo anonimo di 25 fogli di pergamena raggruppati in tre quaderni scritti in latino medievale. In esso si narrano un elenco di miracoli raccolti “alla maggior gloria di San Isidoro”, supportato dai resoconti orali dei testimoni contemporanei al cronista. Il Santo ha una grande venerazione per la Vergine Maria ed è assiduo nella frequentazione dell’Eucaristia. Gregorio XV, a tal proposito, afferma che non iniziava le sue attività giornaliere senza prima aver partecipato, molto presto la mattina, alla Santa Messa ed essersi affidato a Dio e alla Madonna. Isidoro è un uomo che si impegna duramente durante la giornata coltivando, a stretto contatto con la natura e con il Creatore, numerose virtù: pazienza, tenacia, generosità e perseveranza. Il suo percorso di santificazione si realizza nella ferialità, nell’anonimato di una vita piena di amore per Dio e per il prossimo. Passa proprio attraverso lunghe ore di duri impegni quotidiani, lavorando con onestà e responsabilità la terra e prendendosi cura di piante e animali.
La sua fede, la sua pace interiore e il fatto che durante la giornata si fermi in preghiera, suscitano l’invidia degli altri lavoranti che lo segnalano al padrone facendolo passare per fannullone. Ma le voci messe in giro dalle malelingue non hanno altro effetto che quello di intensificare la fiducia del proprietario nei confronti di Isidoro che, nonostante le pause, completa sempre le sue faccende. Secondo la tradizione popolare, gli angeli si mettono ad arare al posto suo in modo che non resti indietro col lavoro pur recandosi alla Messa. Il Santo viene anche accusato di rubare il grano dai sacchi da portare al mulino. Effettivamente ne sottraeva un po’ per donarlo ai bisognosi, ma la tradizione vuole che all’arrivo del padrone il grano fosse miracolosamente al suo posto.
È proverbiale anche la sua gentilezza e carità nei confronti dei poveri ai quali non nega mai un piatto di cibo. Uno dei miracoli più noti che gli vengono attribuiti è legato a un incidente familiare in cui si racconta del dramma di un bambino caduto accidentalmente dentro un pozzo profondo quasi trenta metri. Isidoro, con le sue preghiere, riesce a far innalzare il livello dell’acqua fino al bordo permettendo così al fanciullo di risalire il pozzo e salvarsi. Un altro prodigio da lui operato è quando una volta fa scaturire un ruscello da una roccia per dare acqua al suo padrone assetato.
Isidoro muore, novantenne, attorno al 1172. Dopo una quarantina d’anni il corpo viene riesumato a furor di popolo dal cimitero madrileno di Sant’Andrea e portato nella vicina chiesa omonima; la gente già si rivolgeva a lui per chiedere favori legati ai raccolti e ai campi. L’iconografia lo vuole vestito da contadino e con la zappa in mano. A volte è rappresentato vicino a un pozzo, a una fonte d’acqua miracolosa o con altri simboli della fertilità della terra. In altre raffigurazioni si vedono degli angeli che guidano i buoi mentre lui legge e prega. Canonizzato nel 1622 da papa Gregorio XV, assieme a Filippo Neri, Teresa d’Avila, Ignazio di Loyola e Francesco Saverio, è patrono di Madrid e protegge braccianti, birocciai e agricoltori. Oltre che in Spagna è venerato in Italia (in particolare in Sardegna) e nei paesi sudamericani. Giovanni XXIII, proclamandolo patrono dei contadini spagnoli, lo dipinge come “santo uomo, umile e semplice”, “esempio luminoso” capace di coniugare “contemporaneamente i lavori agricoli, che ha diligentemente svolto con l’esercizio eminente dell’obbedienza e della carità”.