Nel 1986 il sacerdote gesuita statunitense Dennis Smolarski pubblicava il libro How Not to Say Mass, “Come non celebrare la messa”, una guida sui principi liturgici che regolano la celebrazione della Eucaristia. Per quanto il gesuita fosse cosciente di dire cose ritenute delle ovvietà, era dell’idea che fosse necessario ricordare ai sacerdoti i principi fondamentali e le regole della celebrazione eucaristica troppo spesso ignorate o volutamente disattese. È con la stessa intenzione che oggi il sacerdote Romano don Alberto Ferdinandi pubblica “Confessarsi bene” una breve guida per avvicinarsi correttamente al Sacramento della Penitenza. Il libro, recentemente stampato dalle edizioni Aracne (100 pagine; € 6,00) potrebbe essere stato intitolato “Come non confessarsi”, illustra infatti gli errori più comuni che noi cattolici commettiamo quando ci accostiamo a questo importante Sacramento di guarigione, mentre spiega quale è il modo corretto di farlo per attingere a piene mani alle grazie di salvezza racchiuse nel Sacramento.
Nella sua introduzione l’autore avvisa i lettori che il suo breve libro non vuole presentarsi come un trattato sistematico di teologia sacramentaria. Non si tratta neanche di un prontuario esaustivo per il sacramento della confessione corredato da rigorose analisi degli aspetti psicologici, mistici e catechetici riguardanti la confessione. Si tratta invece di una testimonianza e un invito – come dice il titolo – a confessarsi bene, a fare dunque una confessione “valida e fruttuosa”. Quello di don Alberto è dunque un aiuto che nasce della propria, lunga esperienza di confessore e da tanti incontri avuti nei confessionali di tutta Italia in sessant’anni di sacerdozio. Con una curiosa nota biografica don Ferdinandi ci racconta la sua prima volta come confessore, avvenuta a due giorni dall’ordinazione nel lontano 1961. Il sacerdote sedeva in preghiera nella Basilica dei Santi Apostoli di Roma, a pochi passi da piazza Venezia, quando gli si avvicinò un religioso africano in talare chiedendo di venir confessato. Il giovane rispose che era stato ordinato due giorni prima in quella basilica e che non poteva ancora confessare perché, come prassi, era in attesa dell’autorizzazione del Vicariato. “Non preoccuparti”, rispose il religioso. “Perché io sono un vescovo e posso darti la facoltà per confessare me stesso”. Da quel giorno, per tanti anni don Alberto non ha mai rifiutato una confessione e ha sempre sentito la Madonna vicino per aiutare i fratelli e le sorelle incontrati nei confessionali. A lei infatti ha chiesto di sostenerlo in questa missione il giorno della sua ordinazione: quella di aiutarlo a confessare bene.
Ecco dunque alcuni suggerimenti che don Alberto spiega e approfondisce nel suo libro con un linguaggio colloquiale, semplice ed accessibile a tutti.
Tre ovvietà e un prerequisito
Innanzitutto alcune premesse che potrebbero sembrare ovvietà ma che non dovremmo considerare così scontate. Prima fra tutte: per accostarsi al sacramento bisogna credere in Dio, nel suo Figlio Gesù Cristo. Seconda ovvietà da tenere presente: ci si confessa dai sacerdoti o dai vescovi (che sono ufficialmente i ministri del sacramento della confessione ma… quanti di loro – si chiede l’autore – riescono a trovare il tempo per ascoltare le confessioni?). Non ci si confessa dunque dal diacono, dalla suora, dal catechista o dall’amico! Terza ovvietà: si confessano i propri peccati e non quelli degli altri!
Ricordati questi fondamentali, il prerequisito per una buona e fruttuosa confessione è il pentimento. Confessarsi significa infatti “mettersi in ginocchio ai piedi di Gesù crocifisso”, accusarsi di aver commesso dei peccati che hanno offeso Dio, promettere di non commetterli più e chiedere al sacerdote l’assoluzione in nome di Gesù Cristo tramite il ministero della Chiesa”. Tutto è chiaramente racchiuso nella formula della preghiera conosciuta come “atto di dolore”.
Cinque condizioni per una confessione valida
Il libro ricorda e spiega le condizioni ufficiali necessarie per una confessione valida e fruttuosa che sono elencate nel Catechismo della Chiesa Cattolica:
- Esame di Coscienza
- Dolore dei peccati (compunzione del cuore)
- Proposito di non ricadere nei peccati commessi, di non compierne di altri e di fuggire le “occasioni prossime di peccato”
- La confessione sacramentale
- Compiere la penitenza indetta dal confessore.
Il “grande reset” della vita spirituale
Confessarsi bene vuol dire “fare in modo che la parola confessione faccia rima con conversione”. Infatti quello che spesso è considerato un punto di arrivo non è altro che un punto di partenza per tornare a vivere con gioia, fiducia e nuovo vigore la vita cristiana, in poche parole tornare a vivere “come Dio comanda!”. “Confessare un peccato è anche iniziare un percorso medicinale, rieducativo, correttivo ed espiatorio. È come voltare pagina è un rinnovamento e un rilancio generale della propria vita con un salto di qualità” (p. 64). Col Sacramento della confessione il peccatore si trasforma in penitente.
Delle colpe e delle pene
Tutto questo si comprende meglio se si volge l’attenzione alle cosiddetta “pena” che il peccatore è obbligato a scontare a causa della sua “colpa”. Pena e colpa sono due concetti spesso poco utilizzati e dunque poco conosciuti, che posso sembrare termini giuridici e fiscali ma sono importanti per comprendere fino infondo la potenza e l’efficacia di una buona confessione. Infatti “la misericordia di Dio è direttamente collegata con la sua giustizia” (p. 62). Per la dottrina cattolica ogni peccato produce una colpa, per questo il suo autore dovrà scontare una pena. Una pena che può essere eterna o temporale a seconda della gravità del peccato. La confessione sacramentale, producendo la giustificazione del penitente e la sua riconciliazione con Dio, cancella la pena eterna riducendola a pena temporale (anche per i peccati gravi). Resta dunque un cammino di conversione da intraprendere per scontare le pene temporali connesse ai peccati commessi. La cosiddetta “penitenza” data dal sacerdote confessore è un primo passo. A questo scopo sono strumenti utili anche la preghiera, l’ascolto della parola, il perdono, i fioretti, sacrifici come il digiuno, l’elemosina e le opere di misericordia spirituale e materiale.
Nei capitoli finali don Alberto spiega quale è il senso delle indulgenze, quali sono i benefici di una confessione ben fatta, ossia i frutti della Grazia nella vita cristiana, parla della frequenza della confessione e su come comportarsi nel caso che non sia possibile confessarsi a causa della mancanza di sacerdoti. In chiusura una preziosa Appendice che potrebbe sembrare la solita fredda raccolta di norme e di elenchi di peccati e precetti. Tuttavia gli elenchi dei dieci comandamenti, dei sei peccati contro lo spirito santo e dei quattro peccati che “gridano vendetta al cospetto di Dio”, sono corredati da brevi didascalie che spiegano il senso concreto dei precetti in modo che la lettura possa essere utile per un buon esame di coscienza prima di procedere alla confessione.
Il libro di don Alberto è dunque di grande importanza oggi per i fedeli che si accostano al sacramento della Penitenza. Ma il libro si presenta come essenziale anche per i presbiteri, ministri del perdono, affinché possano anche loro aiutare i fedeli a confessarsi bene senza che la confessione diventi, per gli uni e per gli altri una abitudine religiosa o una consuetudine ma sia veramente un sacramento pasquale, di passaggio dalla morte del peccato alla vita della grazia.