Due anniversari importanti in questo 2020. Non solo ricorrono 20 anni dalla dalla canonizzazione di santa Faustina Kowalska, apostola della Divina Misericordia, ma anche i 40 anni della Enciclica “Dives in misericordia”. Come ricorda Sergio Centofanti sul portale Vatican News, Papa Wojtyla ha percorso profeticamente la strada della misericordia, “seguendo – come scrive in quel testo – la dottrina del Concilio Vaticano II” e comprendere, “in questi tempi critici e non facili”, l’esigenza di scoprire in “Cristo ancora una volta il volto del Padre, che è misericordioso e Dio di ogni consolazione (…) È per questo che conviene ora volgerci a quel mistero: lo suggeriscono molteplici esperienze della Chiesa e dell’uomo contemporaneo; lo esigono anche le invocazioni di tanti cuori umani, le loro sofferenze e speranze, le loro angosce ed attese”.
Wojtyla: l’uomo di oggi sembra opporsi al Dio di misericordia
San Giovanni Paolo II in quell’Enciclica lancia “un vibrante appello” perché la Chiesa faccia conoscere sempre di più la misericordia di Dio “di cui l’uomo e il mondo contemporaneo hanno tanto bisogno. E ne hanno bisogno anche se sovente non lo sanno”. Anche perché “la mentalità contemporanea, forse più di quella dell’uomo del passato – sottolinea – sembra opporsi al Dio di misericordia e tende altresì ad emarginare dalla vita e a distogliere dal cuore umano l’idea stessa della misericordia. La parola e il concetto di misericordia sembrano porre a disagio l’uomo”.
Papa Francesco: è il tempo per comprendere
Francesco, sulla scia del Concilio Vaticano II e dei suoi predecessori, afferma con forza che questo è il tempo della misericordia (Lettera apostolica “Misericordia et misera”, 2016). Un annuncio proclamato con passione che riempie di gioia i cuori di molte persone, ma che non manca di suscitare in alcuni, anche all’interno della Chiesa, dubbi e perplessità se non aperta ostilità. Ci ritroviamo nella stessa situazione descritta dai Vangeli 2000 anni fa: la misericordia diventa parola “buonista” e vuota per chi non sente di averne bisogno, una parola nemica di tante nostre “giustizie” che sanno solo accusare e condannare in modo sommario: la giustizia di Dio, invece, salva.
Benedetto XVI: la misericordia è il nucleo del Vangelo
Per Benedetto XVI “la misericordia è in realtà il nucleo centrale del messaggio evangelico, è il nome stesso di Dio, il volto con il quale Egli si è rivelato nell’antica Alleanza e pienamente in Gesù Cristo, incarnazione dell’Amore creatore e redentore” (Regina Caeli, 30 marzo 2008). Gli evangelisti ci dicono che i primi a contrastare Gesù erano gli scribi e i farisei, che non sopportavano che il Signore si comportasse in modo misericordioso con i peccatori, anche quelli più noti e odiati, e fosse particolarmente duro con loro, che si ritenevano giusti, veri osservanti e difensori della Legge trasmessa dai padri, che pure già parlava del “Dio misericordioso e pietoso” (Es 34, 6). Loro, però, sapevano vedere solo un Dio giudice e castigatore dei peccatori, gli altri, e accusavano Gesù di trasgredire la Legge, di bestemmiare e addirittura di essere un indemoniato. È comprensibile la loro rabbia: credevano di essere giusti e si sentivano criticati con asprezza. Credevano di difendere Dio e Dio li correggeva con parole dure.
Gesù scrive a scribi e farisei
Le parole più dure sono le sette maledizioni rivolte da Gesù agli scribi e ai farisei. Leggiamo una parte del testo di Matteo:
“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi (…) Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell’anèto e del cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello! Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto mentre all’interno sono pieni di rapina e d’intemperanza (…) Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all’esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume. Così anche voi apparite giusti all’esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità (…) Serpenti, razza di vipere, come potrete scampare dalla condanna della Geenna?” (Mt 23, 13-33).
I discepoli sono accusati di trasgredire la tradizione
Quando gli scribi e i farisei gli domandano perché i suoi discepoli trasgrediscano la tradizione degli antichi, Gesù risponde:
“Perché voi trasgredite il comandamento di Dio in nome della vostra tradizione? (…) Così avete annullato la parola di Dio in nome della vostra tradizione. Ipocriti! Bene ha profetato di voi Isaia, dicendo: Questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini” (Mt.15, 3-9).
Non chi dice: “Signore, Signore…”
Sono sconcertanti anche le parole che Gesù preannuncia di rivolgere un giorno ad alcuni che si ritengono credenti:
“Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità” (Mt 7, 21-23).
“Misericordia io voglio e non sacrificio”
A quel tempo si era arrivati ad accumulare tante norme religiose, molto dettagliate, che potevano dare sicurezza, ma che avevano fatto perdere l’essenziale. Gesù, criticato dai farisei perché mangiava insieme a pubblicani e peccatori, dice:
“Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mt 9, 12-13).
Il significato del cristianesimo
I farisei erano soliti porre domande-trappola a Gesù perché rispondesse un sì o un no secchi per metterlo con le spalle al muro. Altre volte lo mettevano semplicemente alla prova. A uno di loro che gli chiede quale sia il più grande comandamento della legge, Gesù rivela con chiarezza che l’essenza del cristianesimo è la carità:
“Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti” (Mt 22- 37-40).
Le domande del giudizio finale
Sappiamo che saremo giudicati sull’amore e già conosciamo le domande per l’esame del giudizio finale. Sono le opere di misericordia:
“Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi (Mt 25, 31-36).
“Lontani” esempi di carità per i “vicini”
La nostra tentazione perenne è quella di ingabbiare Gesù nei nostri schemi, ma Lui va oltre, come ci ricorda la parabola del buon samaritano (Lc 25, 10-37): un uomo considerato eretico che compie un gesto di carità, a differenza del sacerdote e del levita che vedono un uomo lasciato mezzo morto dai briganti ma non intervengono. Il samaritano, invece, ha compassione, si ferma e si prende cura di quell’uomo. Il giudizio di Dio è diverso dai nostri giudizi. Le parole di maggiore stima pronunciate da Gesù sono per due persone apparentemente lontane che si avvicinano a Lui non per sé stesse ma per la guarigione di una figlia e di un servo. A una cananea dice: “Donna, davvero grande è la tua fede!” (Mt 15, 28). E a un centurione dice: “In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande” (Mt 8, 10). L’amore supera ogni barriera o etichetta.
L’umiltà di lasciarsi correggere
A nessuno piace essere chiamato fariseo. Ma dentro ognuno di noi c’è un “dottore della legge” che giudica il prossimo e si sente migliore del pubblicano di turno, come racconta la celebre parabola (Lc 18, 9-14): abbiamo bisogno di essere corretti, a volte anche in modo forte per essere scossi nella nostra durezza. A tutti noi, Gesù dice: “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 5, 20). La giustizia di Gesù è quella misericordia che arriva ad amare il nemico. La giustizia di Gesù è salvezza.
Leggere i segni dei tempi
Il Signore nel Vangelo ci invita a leggere i segni dei tempi per saper riconoscere quando viene (cfr Lc 12, 54-59). Con l’ultimo Concilio, la Chiesa ha continuato il suo cammino nella comprensione della verità della misericordia di Dio. Francesco continua a percorrere questo cammino, come indicato da san Giovanni Paolo II: “Al di fuori della misericordia di Dio non c’è nessun’altra fonte di speranza per gli esseri umani” (Omelia nel Santuario della Divina Misericordia a Cracovia-Łagiewniki, 17 agosto 2002).