Buongiorno, sono una vostra lettrice di Bologna.
Complimenti per l’articolo di Matteo Gianola che mette in luce anche le ombre del provvedimento sui mutui agevolati per i giovani. Vorrei aggiungere alcune considerazioni.
La cifra massima erogabile: in alcune città (Milano, Firenze, Roma, Venezia e Bologna, in particolare, ma anche località minori a vocazione turistica) il mercato immobiliare artatamente alto fa sì che con 250.000 euro non sia possibile acquistare una appartamento, se non di dimensioni ridottissime o in pessime condizioni, quindi occorrono poi altre decine di migliaia di euro per ristrutturarlo. Quindi questo provvedimento non rende giustizia geografica.
La questione salariale in Italia è certamente problematica, ma emerge in maniera rilevante proprio in relazione al problema abitativo. La casa costa come 25-30 anni di risparmio massimo raggiungibile; questo significa che per la quasi totalità della vita lavorativa, una coppia di cittadini che non abbiano ereditato casa, investiranno tutti i loro risparmi in un unico bene, peraltro primario: la casa. Non resta spazio per nessun altro tipo di investimento, né finanziario, né di consumo.
Per i pochi fortunati che riescono a comprare casa appena trovato lavoro, il muto terminerà alle soglie della pensione; per tutti gli altri terminerà oltre la pensione, e non oso immaginare le conseguenze socioeconomiche, visto che le future pensioni ammonteranno massimo al 60% dello stipendio.
Non va meglio per gli affitti: a Bologna e nelle città sopra riportate il canone calmierato (sì, avete letto bene!) è di gran lunga superiore allo stipendio medio di un lavoratore a tempo pieno. Siamo al paradosso che una coppia spende il 50% delle proprie entrate mensili, solo in affitto. Quindi, più che di un problema salariale in sé, credo si debba parlare di un problema salariale in relazione al costo della vita, e segnatamente al costo della casa. Questo crea un grave problema sociale, ma aggrava anche le disuguaglianza geografiche nel Paese.
Per l’ennesima volta, in Italia chi lavora resta povero, mentre ci guadagna chi vive di rendita. Compreso il mercato immobiliare. La domanda che mi pongo è: sarebbe così drammatico realizzare interventi legislativi e soprattutto fiscali che alterino davvero il mercato immobiliare? E quello delle rendite finanziarie?